Cosentino 850 (ottocentocinquanta)
Ottocentocinquanta, o anche 850 in cifre, come sui bollettini postali. Oppure DCCCL, in numeri romani, se qualcuno volesse ricordarsi che l’Italia è la culla del diritto. Eight hundred fifty, se qualcuno, dall’estero, avesse la ventura di gettare uno sguardo su questo disgraziato paese di malagiustizia (qualcuno, in Europa, in verità c’è: l’Italia è uno dei paesi più redarguiti e condannati per la sua cattiva giustizia, le sue carceri, i suoi reati di tortura). Ma siccome siamo più sensibili al tempo che alle cifre: due anni e quattro mesi. E’ il tempo che Nicola Cosentino, uomo di cinquantasette anni sposato con figli, ex parlamentare di Forza Italia ed ex sottosegretario all’Economia, ha tracorso in carcere (un centinaio ai domiciliari) in qualità di detenuto in attesa di giudizio. E non c’è bisogno di Alberto Sordi per spiegare la ripugnanza giuridica della definizione. Qualcuno dirà: succede anche a persone meno famose di lui. Ma è gente che si risponde da sola.
La differenza, o il caso specifico, di Nicola Cosentino è evidente. E’ accusato, a partire dal 2008 (otto anni, 2.900 giorni), in quattro procedimenti differenti: per concorso esterno in associazione mafiosa, reimpiego di capitali illeciti con l’aggravante mafiosa, estorsione, abuso d’ufficio e corruzione. Le richieste di arresto da parte della magistratura furono respinte finché fu parlamentare. Decaduto dal mandato, nel marzo 2013 si è costituito presso il carcere di Secondigliano. In base alla legge, i motivi della carcerazione preventiva sono tre e tre soli: pericolo di fuga, possibilità di delinquere di nuovo, manomissione o nascondimento delle prove. Non più membro del governo né parlamentare, non più insertito nelle reti decisionali dell’amministrazione, spontaneamente costituitosi, per Cosentino non esiste alcuna di queste condizioni. Tant’è vero che per l’indagine Eco4, l’unica finora arrivata a dibattimento (dal 2011) delle quattro inchieste che lo riguardano, avevano deciso per la scarcerazione. Ma, vedi tu com’è l’ingranaggio della Giustizia, ci sono anche le altre inchieste a tenerlo in galera. C’è da chiedersi il perché. Nei decenni passati, abbiamo imparato – dai magistrati che addirittura lo rivendicavano – che la carcerazione preventiva veniva usata come strumento coercitivo per ottenere ammissioni o chiamate di correo (leggasi: tortura). Nel caso di Cosentino c’è qualcosa d’altro, anzi di peggio: è tenuto da 850 giorni in carcere, senza condanne e senza motivo, perché “è Cosentino”, o “il primo colpevole di essere cosentiniano”, come ha magistralmente scritto Mattia Feltri giorni fa sulla Stampa. Prove o non prove, va tenuto in prigione a scontare preventivamente la colpa di essere il perfetto tipo umano e politico che “potrebbe essere” colluso con i camorristi. Non serve neanche condannarlo. Ci sarebbe quasi da sperare, per lui, che almeno sia colpevole.