La fine dell'argenteria del salotto buono
Con l’accordo tra Compagnia di San Paolo e Cariplo sulla candidatura di Gian Maria Gros-Pietro alla presidenza del cda di Intesa Sanpaolo, finisce il modello duale della prima banca italiana – consigli separati di sorveglianza e gestione – ma soprattutto termina la lunga èra di Giovanni Bazoli, iniziata nel 1982 per volere di Nino Andreatta, padre nobile della sinistra dc. Dopo aver lanciato Bazoli nel firmamento finanziario, Andreatta ideò poi l’Ulivo antiberlusconiano per Romano Prodi. Il gemellaggio Bazoli-Prodi è stato tratto distintivo del capitalismo di relazione cattolico e si è riflesso sulla creatura prediletta del banchiere bresciano, il Corriere della Sera, del quale pilotò la cessione dai Rizzoli ad azionisti con il pedigree, con la futura Intesa arbitro senza maggioranza e lui stesso Lord protettore.
L’influenza bazoliana si è scontrata con soci industriali come Tronchetti Provera e Della Valle, mentre gli Agnelli erano garantiti da Mediobanca. Così la linea editoriale del Corriere già anticraxiano e anti Cav. passava dal prodismo esplicito in èra Mieli, sottinteso in èra De Bortoli, alle odierne nostalgie enricolettiane e al vago antirenzismo. Ex ministro di Letta era anche Fabrizio Saccomanni che Bazoli ha cercato di opporre a Gros-Pietro, giudicato in sintonia con il premier. Ma i conti non tornano più (il deficit 2015 è in aumento a 176 milioni, i debiti a 487), Marchionne e gli eredi Agnelli se ne vanno e Mediobanca lo farà a breve. Tutti scappano, i salotti buoni chiudono definitivamente anche in Via Solferino.