Virginia in the sky with Casaleggio
Potere veritativo della radio, verrebbe da dire: non ci sono immagini, minigonne, non c’è prossemica ammiccante, non ci si distrae osservando i dettagli, i movimenti delle mani, la camicetta blu elettrico, il battito delle ciglia, ma si ascolta, e il marketing così ben studiato negli uffici milanesi della Casaleggio Associati perde all’improvviso il suo potere. E poi le domande, che arrivano martellanti, una dopo l’altra, così rapide che se non sei ben preparato l’inciampo è dietro l’angolo. Ed è proprio quello che è successo ieri, a Mix24, sulla Radio del Sole 24 Ore, a Virginia Raggi, la candidata sindaco del M5s a Roma, che intervistata da Giovanni Minoli ha sgranato un imbarazzante rosario di accomodamenti della realtà da far sorridere gli ascoltatori. Dunque, chiede Minoli: “3843 voti ricevuti on line sono una garanzia di democrazia sufficiente?”. E Raggi: “Sono una garanzia della qualità del voto. Sono tutte persone incensurate”. E già l’idea che il diritto di votare possa essere negato a chi ha subito una condanna dovrebbe dir molto su quale idea democratica abbia il M5s, se non fosse che la risposta della Raggi è una balla colossale: nessuno – e per fortuna – controlla che i votanti on line del M5s siano incensurati.
Ma non finisce qua. “E questo vale anche se la piattaforma internet è gestita in esclusiva da Casaleggio?”, chiede Minoli. Ed ecco che la Raggi, in debito d’ossigeno, s’abbandona alla fantasia più sfrenata: “Non è così, perché durante le votazioni c’è una società terza che certifica il voto”. Società terza? Certificazioni? Ma quando mai? Ma-de-che? L’unico voto certificato, come sanno tutti, fu per le quirinarie del 2013, elezioni durante le quali, peraltro, furono riscontrate “anomalie” nel sistema di voto (esperienza che Casaleggio non ha voluto mai più ripetere, e pour cause). Così Minoli, a un certo punto, chiede: “Scusi Raggi, ma allora com’è che a Torino, la candidata Chiara Appendino, è stata scelta senza ricorrere al voto on line?”. E qui la sparata raggiunge quote himalayane: “Ogni città si autodetermina”. Ecco. Immaginiamo le risate (o le lacrime) dei militanti M5s di Rimini e di Ravenna che sono stati “autodeterminati” a non candidarsi da Grillo e Casaleggio.