Il sottosegretario alla Sanità, Vito De Filippo (foto LaPresse)

Cronistoria di un accanimento giudiziario. Il caso Vito De Filippo

Redazione
Stavolta il sottosegretario alla Salute si trova coinvolto nell'inchiesta Tempa Rossa, che ha portato Federica Guidi alle dimissioni

Il sottosegretario alla Salute, Vito De Filippo (Pd), risulta da poche ore indagato per induzione indebita nell’ambito dell’inchiesta Tempa Rossa condotta dalla procura di Potenza, che ha portato alle dimissioni del ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi (non indagata). Secondo le notizie riportate da alcuni giornali, al sottosegretario sarebbe contestato uno scambio di favori con Rosaria Vicino, ex sindaco di Corleto Perticara, località in cui sorge il Centro Oli della Total. De Filippo, presidente della Regione Basilicata dal 2005 al 2013, ha commentato la notizia dicendosi “sbalordito”. Lo stupore, probabilmente, è dovuto anche al lungo elenco di accuse e imputazioni che sono state sollevate in passato nei suoi confronti sempre dai magistrati di Potenza, e che hanno finito per rivelarsi ogni volta infondate. E’ utile dunque fare un riepilogo.

 

Nel 2002 De Filippo, allora vicepresidente della giunta regionale, venne iscritto nel registro degli indagati e arrestato con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e alla turbativa d’asta, in un’inchiesta condotta dal celebre pm di Potenza, Henry John Woodcock. Quest’ultimo chiese una condanna di un anno e sei mesi, ma nel 2004 De Filippo venne assolto dai giudici insieme agli altri politici coinvolti nella vicenda.

 


L'ex pm di Potenza Henry John Woodcock (foto LaPresse)


 

Lo stesso anno, De Filippo venne indagato sempre dai pm di Potenza per associazione a delinquere di stampo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, e (ancora) corruzione e turbativa d’asta. Niente da fare anche questa volta: archiviato in fase di indagine.

 

Alcuni anni dopo, i magistrati della procura di Potenza contestarono a De Filippo il reato di abuso d’ufficio per la nomina del direttore generale di una Asl avvenuta nel 2001. De Filippo, che nel frattempo era diventato governatore della Basilicata, venne rinviato a giudizio, per poi essere assolto in primo grado nel 2008, e in appello l’anno dopo.

 

I guai con le toghe lucane non finirono lì. Nel 2013, infatti, l’ondata di inchieste sulle “spese pazze” nei vari consigli regionali sparsi per l’Italia non risparmiò la Basilicata, e in seguito all’arresto di due assessori, De Filippo si dimise dalla carica di governatore. L’ex presidente della Regione fu poi rinviato a giudizio, ma il processo è ancora in corso e tutto è da definire, come dimostra la sentenza dell’ottobre scorso con cui la Cassazione, proprio nell’ambito del caso “rimborsopoli”, ha annullato la condanna decisa dalla corte d’Appello di Potenza nei confronti di tre ex consiglieri regionali della Basilicata.