Passeggiate romane
Tra referendum, alleanze con i grillini e amministrative, tutte le mosse della minoranza pd per sconfiggere Renzi
Chi lo avrebbe mai detto: Enrico Letta, sì proprio lui, rompe il fronte anti-Renzi sul tema che il presidente del Consiglio ha più a cuore, cioè il referendum sulla riforma costituzionale. Lo fa in un colloquio con la Stampa e semina lo sgomento in quel variegato schieramento che aveva deciso di fare dell'iniziativa referendaria il cavallo di battaglia per dare il colpo finale al premier. Certo, in quel l'intervista il predecessore di Renzi non è tenero con l'inquilino di palazzo Chigi, ma è indicativo (e i renziani lo hanno notato) il fatto che abbia deciso di pronunciare il suo "si" al referendum proprio mentre alla Camera dei deputati è approdato il ddl Boschi. Lunedì, quando Matteo Renzi ha preso la parola nell'aula di Montecitorio, Pier Luigi Bersani non c'era e la sua assenza era una palese presa di distanza dal progetto di riforma costituzionale del premier. Ma ora, dopo l'uscita di Letta, per l'ex segretario si fa più imbarazzante condurre una guerra contro la riforma. E infatti ieri tutti i bersaniani erano perplessi.
Lo stesso dicasi per Massimo D'Alema. Chi nella minoranza del Partito democratico ha votato quel ddl ora farà più fatica a dissociarsene con un voto referendario. Ed era proprio di questo che si parlava nei capannelli dei deputati a Montecitorio. Un bersaniano di rango osservava: "Adesso sembrerà che noi vogliamo ostacolare la riforma solo perché siamo quelli della ditta ex Ds che vogliono spodestare l'usurpatore. Tutto si complica". E pensare che proprio in questi giorni gli esponenti della minoranza stavano discutendo su come riuscire a trovare un pretesto per votare contro il ddl al referendum, confortati anche dal fatto che i vertici del Pd hanno lasciato trapelare la notizia che nessuno verrà espulso dal partito se voterà in modo difforme alla linea stabilita dalla segreteria.
La minoranza del Pd adesso deve sperare nel cambio del terreno di gioco. Lo sguardo è ora rivolto ai grillini. Con la morte di Gianroberto Casaleggio, i bersaniani ritengono che Luigi Di Maio prenderà sempre di più il potere del Movimento cinque stelle. E sono convinti che con il vice presidente della Camera, libero da troppi vincoli, dal momento che anche Beppe Grillo si sta sfilando, si possa riuscire ad aprire un dialogo per mettere in difficoltà il governo Renzi nelle aule del Parlamento. Un'illusione? Secondo i renziani si, perché a loro giudizio, il Movimento cinque stelle, orfano dei suoi due leader, non tarderà a implodere. L'idea, infatti, è che presto scoppieranno le guerre di potere e le gelosie tra Di Maio, Di Battista e Fico. Prima il trio era telecomandato da Casaleggio, ora che non sarà più così i sostenitori del premier sono convinti che si apriranno delle guerre intestine. Ma i bersaniani invece sono convinti che, alla fine, a prevalere sarà Di Maio e quindi hanno deciso di mandare dei segnali sul suo indirizzo. L'obiettivo è quello di mantenere una fibrillazione perenne al Senato. Ma su questo terreno non tutti i bersaniani si trovano d'accordo. C'è chi, come Miguel Gotor, è convinto che la battaglia si debba fare più dura e chi, come Vannino Chiti è contrario a prese di posizione pretestuose.
Ma il corpaccione dei bersaniani è comunque convinto che occorra non mollare la presa. Tanto più da quando, nel Transatlantico di Montecitorio si è diffusa la voce di quanti saranno gli esponenti della minoranza che verranno ricandidati in Parlamento. Non più di una decina alla Camera per evitare di vanificare l'esiguo premio di maggioranza previsto dall'Italicum. Molti di meno al Senato. Insomma, saranno in tanti a non vedere più le aule del Parlamento. E infatti il fronte bersaniano ascolta con preoccupazione le parole del presidente del Consiglio che in questi giorni (lo ha fatto anche l'altro ieri alla Camera) insiste sul fatto che con la vittoria del sì alla riforma saranno in molti a "tornare a casa".
In questo senso, Gianni Cuperlo, che aveva provato a riposizionarsi, è ora in difficoltà. Dopo aver sferrato un attacco durissimo a Renzi, pressato dai bersaniani che lo avevano messo spalle al muro, sarà ora difficile al deputato triestino riuscire a riposizionarsi per una seconda volta.