Lepenismo no grazie. Così Berlusconi ha scelto il nazarenico Marchini
Roma. E adesso Silvio Berlusconi, individuata una candidatura perfettamente in linea con quella di Stefano Parisi a Milano, non solo conquista la possibilità di vincere, ma trasforma le elezioni amministrative a Roma in un plebiscito interno al centrodestra: me o Salvini? Presentabilità o lepenismo? Dunque Alfio Marchini, fino a ieri candidato civico e solitario al Campidoglio, lui che era sempre piaciuto al Cavaliere (e anche a Matteo Salvini) ma che pure subiva il veto di Giorgia Meloni, sarà sostenuto da Forza Italia e pure da Francesco Storace. Guido Bertolaso si è ritirato, spontaneamente, dopo aver messo lui stesso a tarda sera, mercoledì, intorno allo stesso tavolo Berlusconi e Marchini. E sono molteplici adesso le chiavi di lettura. Non solo il Cavaliere ha tirato fuori gli artigli, l’orgoglio, infastidito dai toni roboanti, spavaldi, estremisti della Meloni, ma ha pure tra le mani un candidato sindaco che secondo tutti i sondaggi è in grado, con un risultato stimato intorno al 53 per cento dei voti, di battere Virginia Raggi e il M5s in un eventuale ballottaggio. E la gara è duplice, lunga e incerta: quella di Berlusconi contro i lepenisti (che si misurerà nel risultato di Marchini confrontato a quello di Meloni) e quella per arrivare al ballottaggio, con un avversario che stavolta non è la Meloni, ma il candidato del Pd Roberto Giachetti.
Ed ecco allora quali sono le proiezioni, i sondaggi, che il Cavaliere ha compulsato in questi giorni. Raggi, candidata del Movimento Cinque Stelle, è la più forte, con il 26-27 per cento dei voti. Al secondo posto, e dunque al ballottaggio, arriverebbe Giachetti, del Pd, con il 20-21 per cento. Ma ecco la sorpresa, la novità, che la scelta del Cavaliere adesso introduce in uno schema che sembrava fisso, inalterabile: Marchini, con il suo personale 11-12 per cento, con il 5-7 di Forza Italia e l’1-3 di Francesco Storace è a un’incollatura, di circa cinque 5 punti nella peggiore ipotesi, da Giachetti. Una percentuale che lo studio dei flussi, considerato il profilo trasversale, per non dire “nazareno”, di Marchini, viene considerata facilmente colmabile nelle prossime settimane. Come ha spiegato anche Alessandra Ghisleri, la sondagista prediletta del Cavaliere: “Marchini prende voti un po’ dovunque, dalla destra e dalla sinistra. E strappa qualcosa anche all’astensione”. Giorgia Meloni arriverebbe quarta, comunque. Ma se Marchini riuscisse a recuperare i cinque punti che lo separano da Giachetti, e se dunque conquistasse il ballottaggio contro Raggi, allora tutti gli analisti sono d’accordo nel dire che è lui l’unico tra tutti gli altri concorrenti di destra e di sinistra in grado di battere il Movimento cinque Stelle.
Ma le prime conseguenze di questa ultima, inattesa escogitazione di Berlusconi sono all’interno di quel centrodestra che sempre meno piaceva ad Arcore e che sempre più spesso, con toni tra l’ironico e il preoccupato, veniva definito ormai “destra-centro”, anche negli ambienti aziendali del berlusconismo e a casa di Gianni Letta. Cosa faranno ora Salvini e Meloni? Romperanno con Berlusconi anche fuori da Roma? Molto probabilmente, malgrado la fortissima irritazione registrata nelle ultime ore, malgrado i paroloni maneggiati senza cautela, non farano nulla. D’altra parte l’alleanza con Berlusconi, malgrado la sua crisi e la flessione dei consensi di Forza Italia, è considerata strategica e indiscutibile dagli altri due pezzi da novanta della Lega, cioè dal presidente della Lombardia Roberto Maroni e dal presidente del Veneto Luca Zaia. Anzi, secondo voci maliziose, di corridoio, ma piuttosto verosimili, sia Maroni sia Zaia non sarebbero affatto scontenti se Marchini, come pare, dovesse prendere più voti di Meloni configurando così la prima nettissima sconfitta della nouvelle vague lepenista di Salvini, al quale Maroni, di fronte a testimoni, ha detto alcune settimane fa: “Fai pure quello che ti pare a Roma, gioca se vuoi, ma stai attento, bada di non bruciare Milano. Parisi può vincere, e in regione noi governiamo con Forza Italia. Non te lo scordare mai”. Nel partito del Cavaliere è forse un po’ deluso Giovanni Toti, presidente della Liguria, che aveva coltivato l’asse del nord con Salvini. Ma il gruppo dirigente di FI, compresi gli alleati di Toti in questa ultima fase, come per esempio Paolo Romani e Maristella Gelmini, hanno immediatamente manifestato il loro assenso alla candidatura di Marchini. “Oggi siamo nelle condizioni di andare al ballottaggio”, dice Romani. E da Palazzo Grazioli, Deborah Bergamini, lei che sta a due metri dal Cavaliere, dice al Foglio: “Abbiamo ripreso l’iniziativa, sia nel rapporto con Salvini, sia nella competizione con il Pd”.