Il laboratorio Parisi: due cose da capire
Stare dietro alla velocità di pensiero politico di Matteo Salvini è faticoso: al ballottaggio preferirei la Raggi, no non non è vero sto con la Meloni, il centrodestra di Milano va bene, anzi dopo le elezioni, “qualunque sia il risultato”, ci sarà un progetto diverso. Tanto per limitarsi alle ultime 48 ore. Non è del resto soltanto lui, a unire mobilità e contraddizioni. Ad esempio Daniela Santanchè, che pure continua a proclamare che Silvio Berlusconi è il federatore in chief del centrodestra, dice anche, e contemporaneamente, che ora il “frontman” della destra-centro è Salvini, e che a Roma voterebbe Meloni tutta la vita, altro che Marchini. Ridurre tutto ciò al teatrino della politica è però sbagliato. Ci sono fenomeni più seri e di profondità, su cui l’area moderata-conservatrice-sovranista dovrebbe riflettere, se non vuole fare flop.
Ne ha parlato con precisione il politologo Giovanni Orsina sulla Stampa di ieri. Partendo da un problema di lungo periodo: “La scissione fra destra e centrodestra non è un dato contingente né soltanto italiano”, ha scritto, “ma dipende da fattori demografici, economici e psicologici profondi, ed è visibile in tutto l’occidente”. Ricorda che destra a trazione “sovranista” o indipendentista e centrodestra moderato hanno convissuto e governato l’Italia per molti anni, ma che quell’asse “non è riuscito a ottenere i risultati che si proponeva di raggiungere. Non ha riscritto le regole del gioco… non ha adeguato l’economia italiana alle sfide europee e internazionali… E così, invece di guidarlo, ne ha subìto i ritardi, le resistenze e le paure”. Orsina nota però che a Milano, con il “laboratorio Parisi”, potrebbe avvenire una “riconciliazione fra destra e centrodestra”. Ma potrà avvenire soltanto sul terreno di un “senso comune” nel quale “non trovano cittadinanza le ruspe, ma neppure il rifiuto di vedere che l’ansia di difendere la propria sicurezza e il proprio benessere, spesso modesto, non è necessariamente figlia né di fascismo muscolare né di egoismo sociale”. Questo pragmatismo che a Milano cerca una strada, ad esempio sui temi della sicurezza, è l’unica ragion d’essere per un centro-destra che non voglia condannarsi al populismo o alla irrilevanza, e intenda costruire in futuro un’alternativa alla sinistra. Ma dovrebbe rifletterci innanzitutto chi, senza nemmeno fare concorrenza a Renzi, sembra avere soltanto il problema di rincorrere Grillo.