Le carceri spiegate a Davigo
La Gran Bretagna si appresta a varare la più grande riforma del sistema penitenziario dell’ultimo secolo. Ad annunciare il piano del governo è stata ieri la regina Elisabetta, nel suo tradizionale discorso annuale davanti al Parlamento di Westminster. La gestione delle carceri, sempre più affollate e incapaci di realizzare la loro finalità rieducativa (il 46 per cento dei detenuti inglesi torna a delinquere a un anno dall’uscita), sarà fortemente decentralizzata. Agli istituti penitenziari – inizialmente sei, tra cui quello di Wandsworth, uno dei più grandi in Europa – verrà riconosciuto un regime speciale di autonomia finanziaria e amministrativa: saranno i direttori delle carceri a decidere come utilizzare le risorse a loro disposizione, a disciplinare liberamente la vita interna degli istituti, e a disporre anche del potere di stipulare accordi con soggetti esterni per favorire l’impiego dei detenuti in attività lavorative e rieducative.
L’obiettivo di lungo periodo del piano voluto dal primo ministro, David Cameron, è quello di trasformare le carceri in una sorta di mini-imprese, dotate di autonomia contrattuale, del potere di gestire il proprio fatturato e della capacità di istituire dei board con esperti privati. A questa concessione di autonomia si accompagnerà, però, un regime di assoluta trasparenza. I direttori delle carceri, infatti, saranno obbligati a fornire dati comparabili sui risultati ottenuti con la loro gestione, sugli eventuali casi di violenza e autolesionismo, sul grado di recidiva dei detenuti rilasciati e sul loro tasso di occupazione. Una rivoluzione copernicana del modo di concepire l’esecuzione della pena, alla quale l’Italia dovrebbe guardare con attenzione.