Massimo D'Alema e Matteo Renzi (foto LaPresse)

Passeggiate romane

La convivenza difficile tra Matteo Renzi e la minoranza del Pd

Redazione
La vecchia idea dalemiana di fare una sinistra al di fuori del Partito democratico va a sbattere con la realtà del Partito democratico stesso

Giusto la settimana scorsa si erano intensificate le voci di una possibile scissione nel Partito democratico dopo il referendum confermativo di ottobre. Ma a quanto pare le cose potrebbero precipitare e i tempi accelerare. Una parte della minoranza del Pd vive sempre più a fatica la convivenza con Matteo Renzi. Sempre quella stessa area ritiene che sia del tutto inutile puntare a una rivincita al congresso, tanto più se il presidente del Consiglio andrà a quell’appuntamento avendo vinto il referendum. E perciò la vecchia idea dalemiana di creare una sinistra al di fuori del Pd sta prendendo piede almeno in alcuni. Magari, è il ragionamento, compiendo un gesto così dirompente prima di ottobre potrebbero esserci dei contraccolpi alle urne. Ovviamente, nessuno proferisce verbo a questo proposito se non dietro promessa dell’anonimato.

 

Comunque, nessuna decisione è stata presa rispetto alla prospettiva di lasciare il Partito democratico. In compenso dentro la minoranza si litiga già su questa ipotesi. C’è chi spinge sull’acceleratore e chi invece frena. Anche perché di mezzo c’è l’Italicum che non avvantaggia certamente le piccole formazioni.

 

Nonostante questo travaglio interno della minoranza, i renziani non credono affatto che alla fine ci sarà lo strappo. Ritengono che magari ci potrà essere qualche singolo che si allontanerà ma dubitano che i più seguiranno l’idea di Massimo D’Alema.

 

C’è anche da dire che nella minoranza non è stata ancora presa una posizione comune nemmeno sull’atteggiamento da tenere nei confronti del referendum di ottobre.

 

Alcuni bersaniani duri e puri ritengono che ci siano le condizioni per sfilarsi e votare no, anche se in Parlamento la maggior parte di loro ha detto sì alla riforma costituzionale. Gli stessi sostengono che anche l’ex segretario ci sta ragionando sopra. Che pure Pier Luigi Bersani, cioè, potrebbe modificare la sua iniziale presa di posizione a favore del sì al referendum. I renziani invece sostengono che, nonostante le asprezze del dibattito e della polemica, l’ex leader non cambierà idea perché così facendo dimostrerebbe che la sua è soltanto un’impuntatura contro il presidente del Consiglio e non una presa di posizione politica motivata.

 

E in tutto ciò sembrano non placarsi neanche le polemiche sulla leadership della minoranza. Chi dovrebbe incarnarla? L’ex capogruppo Roberto Speranza? Gianni Cuperlo? Il governatore della Puglia Michele Emiliano? La minoranza si rende conto che presentarsi alla battaglia con Renzi divisi su questa questione significa essere destinati a una batosta, ma ciò nonostante finora non si è riuscito a trovare nessun accordo.