La favola dei-grillini-che-sono-diversi
Lunedì scorso alcuni sindacati dei lavoratori dell’Atac – la società dei trasporti pubblici di Roma – hanno annunciato uno sciopero dalle 20 alle 24. Sempre lunedì scorso, dalle 21 alle 23, l’Italia giocava la sua prima partita agli Europei di calcio, e così la notizia dello sciopero ha fatto il giro del mondo non tanto per le rivendicazioni dei lavoratori, quanto per lo sprezzo del ridicolo dimostrato da alcuni rappresentanti dei lavoratori peraltro già noti per “il classico sciopero del venerdì”. Queste pratiche quasi folcloristiche – si pensi agli 850 (ottocentocinquanta) dipendenti della stessa azienda che hanno richiesto di poter fare gli scrutatori per il primo turno delle elezioni amministrative – sono tuttavia solo la punta dell’iceberg di una gestione fallimentare del capitalismo municipale di Roma: il debito già accumulato dall’Atac, per dire, è la metà di tutto il debito delle società di trasporto pubblico d’Italia.
Il tutto in una città che si fregia di un altro unicum: avere due debiti pubblici, di cui uno addirittura commissariato ma non ancora estinto. E’ in questo contesto che Virginia Raggi, candidata grillina al ballottaggio di domenica, alla vigilia del primo turno ha detto che Atac è “un fiore all’occhiello della città” e giovedì ha aggiunto che lo sciopero durante la partita della Nazionale è solo “una coincidenza”. I grillini fanno un vanto del loro essere “diversi” rispetto ai propri avversari politici. Tra difesa spavalda dello status quo e corteggiamento degli interessi costituiti che hanno contribuito a bloccare per anni la città, la diversità dei grillini somiglia a una grande omologazione. La rivoluzione, a Roma, sarebbe aprire la scatoletta di tonno degli sprechi pubblici. Quella scatoletta Raggi promette di non volerla toccare. Ci vediamo in Campidoglio, sarà un piacere.