Il premier Matteo Renzi (foto LaPresse)

Non solo M5s, anche il centrodestra batte il Pd ai ballottaggi

Redazione

Se ieri Renzi si poteva cullare nell’idea illusoria che non esistevano alternative, ora se ne affacciano due, ancora informi e embrionali ma che dispongono del carburante per camminare.

Gli osservatori si sono concentrati, naturalmente, sull’esito del voto nelle metropoli, sottolineando i successi dei Cinque stelle sul Pd. Se però si guarda anche all’insieme delle città capoluogo si nota che in molti casi, da Trieste a Grosseto, da Benevento a Olbia, da Novara a Brindisi, il Pd è risultato soccombente anche nelle sfide con il centrodestra, che ottiene 10 successi contro i 9 del centrosinistra il quale, rispetto alle elezioni precedenti, perde 13 sindaci.

 

La duplice vittoria delle opposizioni (compensata solo dalla vittoria democratica a Milano) crea una situazione paradossale: oggi la nuova costituzione e il sistema elettorale a due turni sembrano più favorevoli ai Cinque stelle e al centrodestra che al Pd. Questo non spingerà le opposizioni a cambiare parere sul referendum, ma forse le indurrà a non spingere troppo per il no, visto che, in fondo ne trarrebbero un vantaggio, mentre se si dovesse mantenere un Senato eletto con sistema pressoché proporzionale si manterrebbe una situazione di blocco del sistema politico.

 

L’altra domanda che sorge dall’esame dei dati elettorali è se è ancora vero che il centrodestra, ove riuscisse a unirsi a sostegno di un candidato premier competitivo, batterebbe i Cinque stelle escludendoli dal ballottaggio. Non si tratta di una curiosità oziosa: uno dei problemi che deve affrontare Matteo Renzi è quello di identificare un avversario privilegiato, visto che ormai i dati sembrano mostrare impietosamente che la tattica un po’ solipsistica di pensare solo a se stesso non porta i risultati sperati. Al di là delle prevedibili risse interne retrospettive e delle asserzioni propagandistiche, al Pd conviene realizzare un esame attento e approfondito del dato elettorale e dei segnali di trasformazione del quadro politico.

 

Se ieri ci si poteva cullare nell’idea illusoria che non esistevano alternative, ora se ne affacciano due, ancora informi e embrionali ma che dispongono del carburante per camminare. Limitarsi ad accusare gli uni e gli altri di puntare solo alla sconfitta del Pd non basta e non serve. E’ anche effetto di una certa alterigia del Pd che si considera ontologicamente superiore ai suoi competitori se poi al momento del ballottaggio non trova sostegni da nessuna parte. Siccome il ballottaggio ora è previsto anche nelle elezioni politiche, questo errore va corretto con intelligenza, costruendo relazioni con le altre forze politiche il che si può fare solo se se ne riconosce la pari dignità. Altrimenti, come si è visto in particolare a Torino (che è il vero epicentro della crisi democratica) non valgono i meriti di una buona gestione e di programmi ragionevoli, vince il voto a dispetto, che è pur sempre l’espressione di un giudizio popolare, e che per questo va rispettato e capito. Se non si vuole continuare a subirlo.