Ginnastica retorica sulle partecipate
Spoils system? Lottizzazione? Ma no: quella che il nuovo sindaco della Capitale, Virginia Raggi, intende attuare a velocità della luce nelle partecipate del comune di Roma è “una rivoluzione”. E quelle aziende non sono più i baracconi inefficienti e clientelari con ben 32 mila dipendenti più 25 mila del Campidoglio, sui quali con Gianni Alemanno e Ignazio Marino è fiorita un’immensa letteratura, ma “scatole magiche” come assicura il Corriere della Sera, che alla rivoluzione Raggi-Chiara Appendino dedica due pagine a specchio. Rivoluzione, dunque, e non poltrone, roba da “vecchi partiti”. E magari rivoluzione gentile, come la grande stampa ha adornato la vittoria dei Cinque Stelle. “Niente furore cieco, niente colpi di testa”, garantisce il Corrierone. Intanto Repubblica, nel riferire che “anche gli assessori saranno sottoposti al codice di comportamento M5s”, e “in caso d’inadempienze rischiano una multa da 150 mila euro per danno d’immagine”, si guarda bene dal chiarire che la garanzia non è per i “cittadini”, e i soldi coperti da fidejussione andrebbero alla Casaleggio Associati.
Nulla di strano per la testata che ai tempi del Cav. fece epiche battaglie sul partito-azienda e che poi lanciò la fortunata retorica della Casta? D’altra parte assieme ai giornaloni si sono mossi in direzione Raggi-Appendino gli establishment delle due città. Specie a Torino, come ha raccontato il Foglio di mercoledì; mentre nella capitale, estintisi gli altri poteri, sono i vertici di Cinema per Roma, dell’Auditorium, dei costruttori a spiegare che prima di Virginia “non c’era certo l’uomo della provvidenza”. In fondo le idee più chiare le hanno gli autisti dell’Atac, la municipalizzata del trasporto locale, che hanno festeggiato inalberando sui bus le scritte “Welcome Raggi”, e i tassisti con i cartelli “CoRAGGIo”: a loro la neo-sindaca ha assicurato che non ci saranno né interventi sul personale né cedimenti a Uber, come in generale nessun disboscamento delle partecipate, il tutto in ossequio all’ideologia secondo la quale la concorrenza non fa il bene comune e l’area pubblica va piuttosto allargata. Compreso il trasferimento sotto il governo della Banca d’Italia; e il Sole 24 Ore non batte ciglio. Evviva la rivoluzione, come dicevano di Robespierre i borghesi francesi (alcuni poi non trovarono più dove annodarsi lo jabot).