Cosa può fare Renzi per aprire un patto con il Cavaliere
Il dilemma che Silvio Berlusconi è chiamato ad affrontare appena sarà in grado di riprendere le fila del suo discorso politico non è sintetizzabile nella opzione tra “aiutare Renzi” come dice il fido Confalonieri o partecipare a un fronte del no a tutto e a tutti come pretende Matteo Salvini. Intanto bisogna capire come si potrebbe “aiutare Renzi”, e la risposta è che l’unico modo efficace sarebbe quello di costruire una nuova alleanza di centrodestra in grado di battere i 5 stelle, per poi misurarsi con il Pd e con Matteo Renzi nel ballottaggio. Per realizzare questo obiettivo assai arduo bisogna affrontare vari passaggi, dall’identificazione di una candidatura di centrodestra competitiva alla realizzazione di una coalizione abbastanza ampia che la sostenga e, probabilmente, una modifica della legge elettorale che permetta di confrontarsi non singole liste ma coalizioni.
Tutte queste operazione richiedono tempo, ma il tempo che sarà disponibile è quello della durata del governo Renzi, da qui l’esigenza di “aiutare” Renzi anche nella navigazione parlamentare immediata. Però, perché si crei lo spazio per un comportamento responsabile verso Renzi, bisogna che Renzi stesso esca dal vicolo cieco in cui si sta cacciando, che riapra il cantiere del confronto politico a tutto campo. Se vuole ottenere il disimpegno di una parte rilevante del centrodestra nella campagna referendaria deve dare sostanza al principio della governabilità, che regge solo se l’azione del governo apre prospettive condivise. I campi in cui si può esprimere questa apertura di orizzonti sono quelli tradizionali della solidarietà nazionale: la politica internazionale ed europea, la democrazia istituzionale, il sistema fiscale. Su questi terreni assai agitati il governo sembra riuscire a galleggiare, il che non è poco, ma non dà l’impressione di avere una rotta precisa da seguire. Renzi sembra ossessionato dall’esigenza di replicare alle obiezioni e ai tentativi di sabotaggio che vengono dall’interno del suo partito, mentre dà scarsi cenni di voler guardare fuori alla ricerca di convergenze possibili. In assenza di una visione e di una proposta coinvolgente, un aiuto da chi sta all’opposizione risulterebbe, oltre che subalterno, inutile.
L’europeismo critico, che è un terreno comune dal quale si possono derivare vari filoni operativi, può essere il punto di partenza, a condizione di non immiserirlo nella demagogica contrapposizione tra l’Europa sociale e quella delle banche, salvo poi dover concentrare tutta l’iniziativa e la polemica proprio sulle forme di sostegno e garanzia degli istituti di credito. E’ solo un esempio di come uno spazio promettente di intese possibili può essere vanificato dal propagandismo, con l’effetto di rendere quasi impossibile a Berlusconi la costruzione di una tattica costruttiva.
Ciò non toglie che spetti anche a Berlusconi di fare un pezzo di strada, superando la frettolosa condanna della riforma costituzionale, cui all’origine aveva collaborato. Non si tratta di uno scambio tra modifiche alla legge elettorale e neutralità sulle riforme, come si dice un po’ semplicisticamente. Il punto è sempre lo stesso: una visione dinamica che punta sulle energie nazionali per promuovere innovazione e crescita sociale e civile che si oppone allo spirito della ritorsione e della rivincita, che sembra dominante da Massimo D’Alema ai vari populisti. Se si ricostruisce su questo spirito condiviso si possono superare differenze di interessi e divergenze di prospettive, ma questo è possibile solo in uno spirito di ricerca (ovviamente competitiva) del meglio, non solo di difesa dal meno peggio. Si vedrà se il giovane premier e l’anziano leader sapranno tornare a questo spirito che, in varie stagioni, ha caratterizzato i loro momenti migliori.