Chiara Appendino (fotoLaPresse)

Festival Appendino

Redazione
Non si governa una città facendo votare il “popolo” su Facebook.

Il sindaco di Torino, Chiara Appendino, annuncia di voler sottoporre al giudizio degli utenti del web le spese del comune. Probabilmente è convinta che in questo modo si produca uno sviluppo della vita democratica attraverso una forma “moderna” di controllo popolare. Se però si guarda un po’ più attentamente, questa “giuria popolare liquida” alla quale sarebbe demandato di definire, tramite Facebook, le priorità di spesa su settori assai ampi, dal risanamento delle periferie alle iniziative culturali al supporto dell’occupazione giovanile, priva di competenze e naturalmente portata a valutare il carattere attrattivo e non quello strutturale dei progetti, sembra un passo verso una forma di populismo degenerativo. Per scegliere con razionalità bisogna conoscere i problemi cui si intende dare soluzione o sollievo, avere un minimo di competenza sugli strumenti adottati. Trasformare tutta questa procedura, magari un po’ tecnocratica ma necessaria, in una specie di concorso per canzoni è in sostanza una presa in giro.

 

Coinvolgere i cittadini nelle scelte è un intendimento lodevole, a patto che si costruiscano sedi di confronto informato, altrimenti quello che si ottiene, e probabilmente si cerca, è solo una gara di popolarità. Può anche capitare che il progetto più popolare sia anche il più adatto, ma si tratterebbe di una pura coincidenza. Peraltro in una città complessa come Torino quello su cui bisognerebbe lavorare più alacremente è un’azione a favore di settori della popolazione emarginati, spesso minoritari ed esclusi dai circuiti informativi. E’ difficile rendere attrattivi progetti a favore di questa parte della popolazione, anche se sono quelli più utili e necessari. Ma nel festival informatico promosso dalla Appendino, per loro non c’è spazio.

 

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