Il Vasco di Pandora dei giustizialisti
"Vasco Errani commissario della ricostruzione. E’ stato assolto, ma è proprio il caso di nominare un ex governatore che finanziò la coop di suo fratello?”. Il Fatto quotidiano, con il consueto stile, commenta la scelta del governo di nominare l’ex presidente dell’Emilia Romagna come commissario per il terremoto nel centro Italia mescolando cose che non c’entrano nulla. La vicenda però permette di riflettere sul senso della giustizia e dello stato di diritto per Marco Travaglio, che è tutto in quell’“E’ stato assolto, ma…”. Errani aveva seguito alla lettera il manuale del partito delle manette su come comportarsi in un processo: quando dopo l’assoluzione in primo grado era stato a sorpresa condannato in appello, si dimise da presidente dell’Emilia Romagna.
Il Fatto quotidiano in quell’occasione titolò: “Renzi salva un altro condannato: Errani”, prendendosela con il premier colpevole di confidare nell’innocenza del presidente emiliano. Pochi mesi fa invece, quando Errani è stato assolto definitivamente, il Fatto non ha titolato nulla. Silenzio. Eppure Errani dovrebbe essere un simbolo per i giustizialisti, quello di un politico che secondo il metodo Travaglio-Di Pietro lascia gli incarichi pubblici, si ritira per anni a vita privata e ritorna solo dopo che sono state chiarite accuse e sospetti. Ma invece di elogiarne il comportamento e la dirittura morale, al Fatto lo trattano come una persona sporca e l’assoluzione anziché una medaglia rappresenta una macchia indelebile. E’ la dimostrazione che non si può essere al di sopra di ogni sospetto per chi vive e sguazza nella cultura del sospetto – e che il processo mediatico, per il popolo manettaro, a volte vale più del processo penale. Se si dovesse riassumere tutto in un titolo, sarebbe così: “Travaglio condanna un altro innocente: Errani”.