Non solo De Dominicis. I 5 stelle e quei giudici usati per evitare il dibattito interno
Per trovare un sostituto all’assessore al bilancio dimissionario Marcello Minenna, l’amministrazione capitolina ricorre a un magistrato della Corte dei conti. E’ un segno non secondario di una tendenza, già espressa in altre scelte, compresa quella della segretaria generale anche lei dimissionata, e in altri comportamenti che pare ispirata all’idea di affidare alla corporazione dei magistrati una sorta di supplenza politica. Si vedrà in concreto se la persona prescelta, Raffaele De Dominicis sarà in grado di esercitare con efficacia e competenza le funzioni del suo nuovo ufficio. La sua dichiarazione iniziale, in cui si dice intenzionato a limitarsi a dare indicazioni generali che spetterà poi alla burocrazia implementare, non sembra incoraggiante, ma naturalmente il giudizio dipenderà dai risultati.
Si può invece riflettere già ora sulla tendenza generale, che in sostanza esprime un rifiuto del confronto politico interno. La catena di dimissioni che ha colpito l’amministrazione è conseguenza di uno scontro che non è stato esplicitato. D’altra parte nel Movimento 5 stelle una dialettica interna non è concepita se non come dissidenza da punire attraverso le espulsioni decise dal vertice e ratificate da un blog. Questa prassi, che induce persino alla vanteria di non essere un partito, rappresenta un limite strutturale alla possibilità di individuare soluzioni attraverso un confronto, cioè di realizzare una presenza politica. Il ricorso a esterni, sempre più spesso magistrati, cui consegue una crescente funzione della burocrazia comunale, sembra una applicazione della teoria dello “stato amministrativo” che fu a suo tempo ideata dall’Uomo Qualunque. Un altro movimento costruito a sua immagine da un umorista.
Equilibri istituzionali