Ora, però, serve un dibattito Radicale
E’ tornato Marco Pannella dall’aldilà per sconfiggere Emma Bonino. Anche queste analisi abbiamo letto sul Congresso del Partito radicale transnazionale (Prt) che si è chiuso sabato scorso. Castronerie. Al Congresso non c’era il compianto mulo abruzzese e non c’era nemmeno la diabolica piemontese (come la definimmo nel 2010 in una campagna elettorale sfortunata, per lei). Non c’era nessuno dei due leader storici del movimento, eppure su queste colonne abbiamo ritenuto utile chiederci, a partire da un intervento di Adriano Sofri, che fine avrebbero fatto i Radicali dopo la scomparsa di Marco. Pure quando ridotti a manipolo di iscritti, infatti, i Radicali conviene tenerli da conto. Fosse anche solo per accapigliarsi con loro su questioni dirimenti, spesso letteralmente di vita o di morte. Perciò ancora alla vigilia del Congresso che si è tenuto a Roma nel carcere di Rebibbia abbiamo ospitato qui alcune delle voci più rappresentative dei Radicali oggi: Maurizio Turco e Giovanni Negri (usciti vincitori dal Congresso), Marco Cappato e Riccardo Magi (bollati come “i quarantenni” sconfitti).
Politica se ne è vista, dunque, al Congresso? Senz’altro è politica la scelta di tenere un congresso in un carcere. I troppi detenuti, ripeteva Pannella, sono l’appendice di un sistema giudiziario da rivoluzionare. Politico il confronto sulle priorità da perseguire: giustizia o diritti civili, nazionale o transnazionale. Meno foriera di politica, invece, la scelta dei vincitori del Congresso di sospendere la vita interna del Prt fino al raggiungimento di 3.000 iscrizioni entro il 2017. Sarà difficile, impedendo perfino una nuova autoconvocazione degli iscritti al Partito radicale, rivitalizzare un’esperienza che si autodefinisce libertaria. Quasi impossibile per i Radicali, chiudendosi a riccio in beghe interne e non interloquendo con i soggetti meno scontati, poter continuare utilmente a fare scandalo.