Fedele Confalonieri (foto LaPresse)

Forza Italia è per il “no”, ma ad Arcore Letta e Confalonieri tifano “sì”

Redazione
Tra allusioni (di Letta) e dichiarazioni (di Confalonieri) prende forma il piano B del Cav.: negoziare con Renzi sulla riforma elettorale o chissà un nuovo governo di scopo officiato dal presidente della Repubblica, poco importa: ciò che conta è non restare fuori, non per forza, non a prescindere.

Roma. Poiché amano Berlusconi con una sorta d’orgogliosa disperazione, vogliono salvarlo a modo loro, dunque preparano alternative, fanno sì che la baracca, la real casa politica e aziendale di Arcore, sia pronta a ogni evenienza, anche a una vittoria del “sì” al referendum. E allora sia l’uno sia l’altro, ciascuno con i suoi modi e con il suo carattere, ciascuno coerente con il ruolo che il destino gli ha voluto assegnare, l’uno esponendosi con allegra baldanza e l’altro con piedi sempre felpati, sia Fedele Confalonieri sia Gianni Letta tengono aperta al Cavaliere quella strada tortuosa, ma non impossibile, che dopo il referendum lo potrebbe riportare sulla via del Nazareno. E che sia un nuovo patto con Renzi, un negoziato sulla riforma elettorale o chissà un nuovo governo di scopo officiato dal presidente della Repubblica, poco importa: ciò che conta è non restare fuori, non per forza, non a prescindere. Così Confalonieri non fa misteri, dice che “in una fase come questa si deve pensare al dialogo”, e oscuro e nitido, riflessivo ed esplicito, in Confindustria schiera Mediaset per il “sì” al referendum: si esprime insomma a favore della stabilità, manifesta preoccupazione per il mercato pubblicitario, e se parla del referendum ne fa una questione di economia e di sistema più che di Costituzione e di meccanica istituzionale. Proprio come Letta, che per abitudine s’esprime con elaborati silenzi, ma che pure è stato ambasciatore degli uomini di Renzi nell’invito rivolto al Cavaliere a sostenere il “sì”. E quando infatti ad Arcore hanno deciso per il “no”, allora lui ha subito aggiunto, con l’aria di volpe consumata nell’arte: “Ma un ‘no’ intelligente”.

 

E insomma non ci sono soltanto gli ex, i grandi vecchi fondatori e liberali alla Giuliano Urbani e alla Marcello Pera, che dal Cavaliere sono in verità da tempo molto lontani, ma esiste un interessato e provvido fronte del “sì”, o del “nì”, nel cuore stesso del berlusconismo politico e aziendale: si tratta di un tifo accorto, interessato appunto, che si colloca all’interno di una sofistica di rapporti diplomatici, che non si sono mai davvero interrotti con i ragazzi fiorentini del governo, e che vede sia Confalonieri sia Letta coerenti con le rispettive inclinazioni storiche. A ottobre del 2011 furono anche loro, assieme a Ennio Doris, a spingere Berlusconi verso le dimissioni e Mario Monti, così come nel 2013 investirono su Enrico Letta (con pentimento di Confalonieri), fino alla rielezione di Giorgio Napolitano. Così adesso, in attesa del referendum e di ciò che ne conseguirà, compresa la riforma elettorale, giocano, con un impasto di passione e di distanza, ancora una volta secondo le stesse regole – stabilità, dialogo, raccordo – e all’interno dello stesso schema: se in Parlamento e in televisione sempre si levavano troppe voci e aguzze, rissose, nei loro contatti con Palazzo Chigi tutto appare invece fasciato d’un bavaglio di delicate sordine.

 

“Non vorrei che l’eventuale vittoria del ‘no’ passasse come una vittoria dei Cinque stelle”, è per esempio il grande dubbio di Gianni Letta, probabilmente condiviso anche da Confalonieri, il quale gioca d’anticipo sui tempi della politica e della propaganda elettorale, dunque sa bene che per cambiare l’Italicum Renzi dovrà accordarsi con Berlusconi, e che questo potrà avvenire più agevolmente se Renzi finisse ammaccato ma non disarcionato dal referendum, e se dunque passasse il “sì”, ma di poco. Dunque stabilità, niente elezioni anticipate (se possibile) e negoziato sulla riforma elettorale. Vincesse il ‘no’, cosa che loro non sembrano augurarsi (ma Letta è forse più cinicamente laico di Confalonieri su questo punto), tutta questa trama immateriale eppure solidissima di interessi e relazioni, sinuosa, incolore, discreta e trasversale tornerebbe utile per proporre al Pd, dunque a Renzi, un governo di scopo: legge elettorale e poi voto.