Migration compact e una nuova politica fiscale: la campagna europea di Renzi
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha accettato mercoledì di dialogare con il direttore Claudio Cerasa a proposito dei temi più importanti legati all'attualità politica e agli scenari futuri che caratterizzeranno l'agenda di governo da qui alla fine del 2016.
Presidente, a proposito di Europa. Che fine ha fatto la sua agenda? Il Ttip è stato congelato. La discussione sul Fiscal compact è stata rinviata a data da destinarsi. Le quote obbligatorie sull’immigrazione non sono più una priorità dell’Unione europea. Il presidente Juncker, sempre sulle quote, dice che la solidarietà non può essere imposta. Il presidente della Slovacchia, Robert Fico, dice che “le quote oggi dividono chiaramente l’Unione europea, perciò penso che siano politicamente finite”. Siamo sicuri che esista ancora un’agenda Renzi in Europa?
“Abbiamo un’agenda forte sulla quale è necessario impegnarsi sempre di più per arrivare a risultati concreti. I prossimi mesi sono quelli decisivi. Scommettiamo su due punti. Sull’immigrazione abbiamo un nostro piano chiaro che è il Migration compact in Africa e dimostreremo ai nostri colleghi in Europa che non c’è alternativa a questa strada per regolare i flussi migratori. Sull’economia crediamo sia necessario stimolare un piano fiscale, sotto forma di sgravi, che possa rimettere in moto gli investimenti, e non solo nel nostro paese. Il presidente Mario Draghi ha dedicato molta attenzione, per fortuna, al tema della politica monetaria. Oggi è importante che l’Europa metta in campo anche una svolta forte sulla politica fiscale. Questa, se posso essere sincero, è una partita che in Europa non sta giocando nessuno”.
Sul Ttip non vede in giro molta confusione?
“Io la metterei così senza ideologia: l’Italia dice sì al Ttip, ma dice anche che non lo vuole così”.
Arriviamo a toccare un tema importante che si lega anche al Def e alla futura legge di Stabilità. Perché, ancora una volta, ha scelto di non rompere il muro del tre per cento nel rapporto deficit pil, restando al 2,4 per cento, e ha deciso di fare il contrario di quello che lei stesso scrisse tre anni fa nella sua mozione congressuale, al punto numero cinque: “Superare il tre per cento”.
“Ho scelto di seguire questa linea perché il nostro paese ha deciso di seguire la strada della reputation dal primo momento e quella linea l’abbiamo seguita. Punto. Una volta che la reputation viene confermata a livello istituzionale non si può cambiare tutto. Lei si immagina se avessi detto che l’Italia quest’anno non avrebbe rispettato il tre per cento? Si immagina cosa avrebbero detto i professionisti del commento? Avrebbero detto: vedi, ecco, Renzi vuole comprarsi il voto degli italiani, ha paura, è terrorizzato… Siamo persone serie e anche se ci sono regole che non condividiamo noi quelle regole le rispettiamo”.