Dopo la P2, c'è JP2 Morgan
Dopo le accuse al presidente del Consiglio di aver personalizzato la campagna referendaria, il fronte del No anziché discutere del merito della riforma costituzionale non fa che tirare in ballo “la riforma dettata da JP Morgan”, “la Costituzione riscritta da JP Morgan”, “gli ordini imposti da JP Morgan”. Tutto si basa su poche righe di un report del 2013, uno delle centinaia scritti da decine di altre istituzioni, che parlava della crisi dell’Eurozona e toccava solo marginalmente le riforme istituzionali di diversi paesi europei. Queste righe, scritte probabilmente da un semplice analista o magari da uno stagista, sono diventate in un dibattito malato “I Protocolli dei Savi di JP Morgan”, il documento che prova la cospirazione degli gnomi della finanza contro la democrazia.
Tutti – o quasi – sorridono alle teorie strampalate e sgrammaticate dei grillini sul signoraggio, sul dominio mondiale del Bilderberg, sui microchip sottopelle e le scie chimiche, ma lo stesso modo di ragionare paranoico-cospirativo pare diventare plausibile se a esporlo sono grillini dotati di uso del congiuntivo come Gustavo Zagrebelsky, Salvatore Settis, Barbara Spinelli, Nadia Urbinati, Tomaso Montanari e tutto il circolo di Libertà e Giustizia (pare che Umberto Eco abbia portato via con sé il buon senso, le bustine di Minerva e il rasoio di Occam).
Insomma, Matteo Renzi avrebbe attuato un piano per stravolgere la Costituzione che una banca americana ha messo nero su bianco affinché ne fossero al corrente anche Settis e Zagrebelsky. Non conta che quando è stato pubblicato quel report, nel maggio 2013, Renzi era solo il sindaco di Firenze e non era neppure segretario del Pd. Non conta che si parla di riforma della Costituzione da qualche decina d’anni, che le riforme costituzionali erano il punto fondamentale alla base della rielezione di Napolitano e del governo Letta. La cultura complottista grillina, ormai egemone nei circoli dei professori progressisti, porta a ripetere la fola della “Costituzione di JP Morgan”. Settis su Repubblica addirittura ritiene di aver scovato il collegamento tra Giorgio Napolitano e JP Morgan in un articolo del Corriere. Di fronte a questa bancarotta intellettuale la cosa più saggia è fare come Napolitano, che, nella replica a Settis, si è espressamente rifiutato di commentare questo delirio collettivo.