Sindacalisti della balla mediatica
Lunedì 14 novembre scioperano i dipendenti di Equitalia e l’organismo sindacale congiunto “Segreterie nazionali del settore riscossione tributi” ha pensato bene di motivarlo con un comunicato bellicoso contro il governo – c’è il referendum – e ammantato di “difesa degli onesti”. “La soppressione di Equitalia – si legge – è uno slogan per dirottare l’attenzione dai reali problemi del fisco. La rottamazione delle cartelle altro non è che un condono”.
A prenderlo in parola si potrebbe rispondere che tra i problemi del fisco c’è la stessa Equitalia, le cartelle spesso lunari, ultimative, redatte in tono vessatorio con termini a 30 giorni, spesso pena sequestri immediati. E l’onere della prova ribaltato sui cittadini in barba al disapplicato Statuto dei contribuenti che stabilisce l’esatto contrario, compreso il divieto di scomodare due volte le persone per lo stesso tributo. Quanto alla favoletta del condono è la stessa Equitalia, nei suoi uffici e sul suo sito, a spiegare che si rottamano interessi e oneri accessori, non il debito. Ma, prosegue imperterrito il comunicato, “Equitalia trattiene solamente l’onere di riscossione nella misura massima del 6 per cento”. Il 6 per cento con i Bot che rendono meno di zero? Un esperto di marketing avrebbe detto “Togliamo il disturbo, però dobbiamo pensare ai nostri contratti”. E senza scadere in facili ironie, di questo si tratta, delle modalità di assorbimento dei dipendenti nell’Agenzia delle entrate, sapendo che nessuno finirà a casa.
Perché non dirlo? Far rispettare i contratti e difendere i posti di lavoro è compito e diritto del sindacato che nessuno disconosce. Eppure dai tempi dei famosi (e falliti) scioperi della Fiom a Pomigliano e contro i sabati lavorati a Melfi, soprattutto la Cgil non fa che tirare in ballo non meglio precisati diritti generali, garanzie costituzionali, insomma il famigerato “bene comune”. Il 21 ottobre (venerdì) i sindacati di base della Pubblica amministrazione, scuola e trasporti hanno scioperato “in difesa dei diritti del lavoro e dello stato sociale, contro le politiche economiche dettate dalla Ue e per la difesa della costituzione e il No al referendum”. Per il 15 novembre è programmato il blocco di tutti i trasporti pubblici romani “per la democrazia sul posto di lavoro e la qualità del servizio”. Il 25 si fermano treni e aerei “anche in concomitanza della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne”.
Non tutti i sindacati sono così. Ma se non si sbrigano a sconfessare una generazione di professionisti della balla mediatica, quel “bene comune” gli tornerà presto sulla testa come un boomerang.