Solo se passa il referendum il centrodestra potrà superare le proprie divisioni
Quello che insegna alle forze conservatrici italiane l'esempio delle primarie golliste in Francia.
L’esempio del centrodestra francese che in un paio di settimane è in grado di definire il suo candidato all’Eliseo è destinato a suscitare, giustamente, invidia nei sostenitori italiani di quella stessa area politica, lacerata da contese tra personalità e formazioni politiche che non sembrano trovare nemmeno un linguaggio comune. C’è, ovviamente, una differenza abissale tra i neogollisti, che sono uniti in un'unica formazione politica, e i diversi rivoli di cui si compone il centrodestra italiano, che solo la leadership di Silvio Berlusconi aveva federato in cartelli elettorali competitivi. L’altra differenza è il sistema istituzionale semipresidenziale in vigore in Francia e il meccanismo elettorale maggioritario a due turni, che rendono entrambi indispensabile una candidatura di area, non solo nella competizione presidenziale ma anche nelle circoscrizioni per l'elezione dei deputati.
Se nella attuale condizione è impensabile che il centrodestra italiano possa superare le sue contraddizioni e divisioni politiche semplicemente adottando un meccanismo di indicazione unitaria del candidato alla guida del governo, è comunque inevitabile che si passi per questa strada obbligata quando si sia creata una comune convinzione dell’esigenza di unità come condizione preliminare per costruire una proposta competitiva.
La democrazia dell’alternanza, che è il lascito più rilevante, sul piano istituzionale, dell’iniziativa berlusconiana, rischia di rifluire in un ritorno alle pratiche consociative e trasformistiche in assenza di una offerta politica del centrodestra.
Paradossalmente, l’unico punto su cui il centrodestra di opposizione è unito, il rifiuto della riforma costituzionale sottoposta a referendum, provocherebbe una situazione di stallo in cui, in assenza di impossibili maggioranze omogenee in ambedue le Camere, si andrebbe verso confusi patteggiamenti nei quali le diverse formazioni del centrodestra finirebbero per dividersi tra quelle che accettano un ruolo subalterno e quelle che assumono una ininfluente posizione di rifiuto.
Se invece ci sarà una sola camera titolata a conferire la fiducia, l’assunzione dei ruolo di governo e di opposizione sarà più chiara, e ne consegue che la scelta di una candidatura alla guida del governo diventa un passaggio indispensabile e impegnativo per tutte le principali aree politiche. A quel punto chi vuole candidarsi deve dimostrare di essere in grado di unificare le diverse correnti culturali e politiche più dei concorrenti. E’ questa, in sostanza, la lezione che viene dall’esperienza francese e, in un certo senso, anche da quella americana, che ha comunque rispettato le regole dalla competizione interna, anche se questo ha prodotto un mutamento radicale delle gerarchie precedenti.