Raggi amari
Pronto Beppe? Abbiamo un problema, si chiama Virginia e fa il sindaco
Inerzia, pratiche inevase, padrini ingombranti e sondaggi in picchiata. Ma Grillo a Roma ha una exit strategy
Roma. Il destino di Virginia Raggi si consuma in una clessidra che sarà girata da Beppe Grillo un minuto dopo il referendum del 4 dicembre, specialmente se dovesse vincere il No, e se insomma la legislatura dovesse avvitarsi precipitando verso le elezioni anticipate. “La differenza tra Ignazio Marino e la Raggi è che Marino ha distrutto il Pd romano, mentre lei può distruggere il M5s a livello nazionale”, diceva in Senato, qualche mese fa, con tono ironico e sbrigliato, uno degli esponenti più noti del Movimento: tutt’intorno altri senatori grillini, sorrisetti, un darsi di gomito che rivelava – e ancora prima che Beppe Grillo, domenica, cadesse dentro una buca stradale: “Sindaco, quando le ripari ‘ste buche?” – quantomeno scarsa simpatia nei confronti della giovane avvocato che, dicono i sondaggi, da quando siede in Campidoglio ha fatto perdere circa un punto percentuale al mese al suo partito.
“La Raggi? Prima cade e meglio è” pare avesse detto anche Paola Taverna, a luglio, prima di smentire, rivolta al suo collega leghista Gian Marco Centinaio, che intanto la guardava con rotolìo d’occhi: “E perché lo dici?”. E lei: “Perché vedrai, vedrai che casini…”. E i “casini” non sono soltanto quelli giudiziari di Paola Muraro, l’assessore all’Ambiente, o i pasticci nella formazione della giunta, o le dimissioni che hanno finora travagliato l’amministrazione, o i guai con i bilanci delle aziende municipalizzate che si accumulano senza soluzione sulla scrivania dell’assessore Massimo Colombàn (la Multiservizi dell’Ama non paga più gli stipendi), ma adesso è sempre più la figura stessa del sindaco, con il sospetto d’inerzia che le grava addosso, a preoccupare i militanti più antichi (non solo Taverna, ma pure Roberta Lombardi) e persino, dicono, Grillo: “Ma cosa fa Virginia tutto il giorno in Comune?”. Salta gli incontri ufficiali, non solo quelli con il Vaticano. E’ un mistero, fitto. Mentre gli uomini di cui si è circondata in Campidoglio, come Raffaele Marra, che alcuni spiritosi consiglieri comunali hanno ribattezzato “il Rasputin dei poveri”, sono considerati dei corpi estranei fuori controllo.
Come quasi tutto ciò che riguarda il M5s, intorno alle origini della candidatura di Raggi al comune circolano le più varie leggende. Tutto, o quasi, nel Movimento è infatti immerso in un alone di mistica opacità che confonde e spesso eccita anche le interpretazioni più maliziose. Tra le tante cose, raccontano che questa giovane avvocato, graziosa e con una buona resa televisiva, con esperienza di mezza legislatura in Consiglio comunale (non tra gli esponenti più in vista o attivi del M5s in Campidoglio) fosse stata scelta da Gianroberto Casaleggio, che si proponeva di fornirle tutti gli strumenti e tutto l’appoggio necessari non soltanto per la campagna elettorale ma anche – soprattutto – per l’improbo compito di dover governare una città complicata e dissestata come Roma. Ma la morte di Casaleggio ha poi imbrogliato ogni cosa, tutti i piani e i progetti, e la signora Raggi – che deboluccia era e deboluccia è rimasta – ha così dovuto appoggiarsi ad altre figure, più solide di lei, con una loro rete di rapporti, conoscenze, relazioni: il famoso avvocato Sammarco (che, dice un consigliere comunale, “ha giocato a fare il Pigmalione, come in ‘My Fair Lady’”), Marcello Minenna (l’ex assessore poi dimessosi perché in conflitto con Raffaele Marra), e infine Marra, appunto, il braccio destro, che la cronaca cittadina definisce “potentissimo” in Campidoglio, ma che, con ironia, nei corridoi del Comune, viene ridimensionato così: “Uno è potente se determina qualcosa. Ma poiché il sindaco non fa nemmeno le delibere ordinarie, cosa vuoi che determini Marra?”.
Ed ecco allora il punto che preoccupa anche Grillo: l’inerzia, mentre la valanga di problemi, non affrontati, si gonfia (qualche esempio: Fiera di Roma è in difficoltà, potrebbe fallire? Atac non parteciperà alla gara europea dei servizi per il 2018, in quanto non ha i necessari requisiti finanziari. E poi c’è la Festa del cinema: stanno per arrivare i conti…). La situazione, negli uffici di diretta collaborazione con il sindaco, pare sia talmente confusa che alcuni impiegati raccontano come carte, pratiche e persino le email inevase li stianno soffocando, letteralmente: se scrivi agli uffici, o alla segreteria, spesso la posta elettronica torna indietro perché le caselle sono intasate. Nessuno risponde. E il sindaco? “E’ paralizzata”. Non esce più dal suo studio. Forse perché quando esce finisce male: l’inaugurazione della Nuvola di Fuksas (fischi), l’audizione in Senato (“sapevamo che Muraro era indagata”), l’intervista a Repubblica (il complotto dei frigoriferi)… Ed ecco allora la frase: “Prima cade meglio è”. Dopo il 4 dicembre Grillo potrebbe dover trovare una via d’uscita.