Forza Fedeli, via quei pezzi di carta
L’occasione del ministro per abolire il valore legale del titolo di studio
Ora che qualche pirlone ha fatto davvero la finta festa di laurea all’Autogrill di Cantagallo per il ministro (“ministra”, con Giorgio Napolitano, continuiamo a reputarlo un errore ortografico) dell’Istruzione non laureata. Ora che Valeria Fedeli ha provato a chiarire il qui pro quo, o la meschineria, dell’inesatta attribuzione curricolare, e chiesto scusa. Ora che forse persino Mario Adinolfi si darà una calmata nelle polemiche sulla prevalenza del gender nelle idee (programmi, non si sa ancora) dell’ex sindacalista e poi senatore del Pd. Ora, appunto, sarebbe il caso di prendere l’intera faccenda da un altro verso, e suggerire alla neo responsabile dell’Istruzione di sfruttare l’occasione che il caso le ha offerto. E dire forte e chiaro: non sono laureata, ma questo non mi impedisce di poter essere ministro e di poterlo fare bene. Perché lauree e diplomi, presi di per sé, sono pezzi di carta inutili. Non bastano a dimostrare di avere imparato, non servono a stabilire se una persona sia pronta per svolgere un certo lavoro. E’ ovvio, qualche certificazione ci deve pur essere (tutti noi vogliamo essere sicuri che il nostro medico abbia studiato Medicina). Ma il ministro Fedeli dovrebbe sapere – e se non lo sa, dia una rapida occhiata al pensiero in materia di un Luigi Einaudi – che a certificare la qualità di un curriculum è l’istituzione che lo somministra, e la sua verifica è il mercato. E che invece il valore legale del titolo di studio è una delle cause del livellamento verso il basso dell’istruzione (basta il pezzo di carta) e di scuole e università ridotte a esamifici. Forza Fedeli, lo abolisca: lei è la testimone vivente che il valore legale della laurea non serve.