Paolo Gentiloni (a destra) e Marco Minniti. Conferenza stampa sulla radicalizzazione del fenomeno jihadista (foto LaPresse)

Gentiloni sul terrorismo: "In Italia la radicalizzazione avviene in carcere e sul web"

Redazione

Il premier riassume il lavoro della Commissione sul jihadismo: "No a equazioni improprie fra immigrazione e terrorismo, ma massima vigilanza". Il Viminale: "Rendere effettivi i respingimenti forzati" degli irregolari

"Il lavoro degli esperti sulla radicalizzazione non si ferma, ma continuerà nei prossimi mesi”. In una conferenza stampa a Palazzo Chigi, il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni tira le prime somme del lavoro svolto dalla Commissione ad hoc istituita per l'analisi del fenomeno di radicalizzazione jihadista. Il lavoro svolto "aiuta a capire le modalità di un fenomeno che dobbiamo contrastare per quanto attiene agli apparati di intelligence e di sicurezza, ma per farlo efficacemente dobbiamo capirlo, comprenderne dimensione, percorsi e ragioni", ha detto il presidente del Consiglio.

"C'è una specificità nel nostro paese. Per certi versi è più rassicurante, nel senso che le dimensioni numeriche della radicalizzazione sono minori che in altri paesi” ma il fatto di avere meno foreign fighter “in nessun modo deve indurci a sottovalutare” il fenomeno. “Abbiamo bisogno – continua il premier – di prevenzione e di politiche migratorie sempre più efficaci" che possano "coniugare soccorso e accoglienza" con "la capacità di avere politiche di rigore ed efficacia dei rimpatri. Questa è la bussola su cui si muove il governo".



Gentiloni ha sintetizzato le caratteristiche principali del jihadismo in Italia: "Il percorso di radicalizzazione oggi è soprattutto in alcuni luoghi: carceri da un lato, web dall'altro", ha spiegato il premier. Si tratta di "situazioni molto diverse ma certamente lavorare su carceri e web è uno dei compiti principali di questa attività di prevenzione". Gentiloni ha sottolineato che oltre al "grande sforzo" sulla sicurezza, l'Italia "deve impegnarsi altrettanto su attività di medio-termine, assieme alla grande maggioranza della comunità islamica del nostro paese" in una "attività di prevenzione". La necessità di "individuare questa minaccia - ha aggiunto il premier - non autorizza equazioni improprie fra fenomeni migratori e minaccia terroristica ma sappiamo bene che la vigilanza deve essere massima per il rischio che le minacce si ripropongano".

In conferenza stampa anche il ministro dell'Interno Marco Minniti, che a breve partirà per la difficile missione in Libia. Il titolare del Viminale ha dichiarato: "La nostra idea è quella di rendere effettivi i respingimenti forzati" degli stranieri irregolari, quelli che si sono visti respingere la domanda di asilo. "È quello che prevede la legge, e troverei singolare il mancato rispetto della legge da parte mia, come ministro dell'Interno e come cittadino".

Dal 1 gennaio al 15 settembre 2016, le persone transitate nei Cie sono state 1.968. Di queste, 876 sono stati rimpatriate, circa il 44 per cento. A fornire i dati aggiornati sui Centri di identificazione ed espulsione è il nuovo Rapporto redatto dalla
Commissione Diritti umani del Senato. Ad oggi, in attesa che si definisca il piano del Viminale, annunciato dal ministro dell'Interno Marco Minniti, che prevede in ogni regione centri di espulsione con un numero limitato di posti per il trattenimento degli immigrati irregolari pericolosi, sono quattro i Cie funzionanti in Italia: Brindisi, Caltanissetta, Roma, Torino, ricorda il rapporto della Commissione, "con 574 posti disponibili di cui effettivi 359. Al 30 dicembre 2016 risultavano trattenute 288 persone". Il Cie di Bari e quello di Crotone non sono attualmente agibili. Il Cie di Trapani, attivo fino al 31 dicembre 2015, dal
giorno successivo è stato convertito in hotspot. "L'analisi dei dati del ministero dell'Interno - si legge nella relazione della Commissione, presieduta dal senatore Luigi Manconi - conferma le difficoltà nell'eseguire i rimpatri nel nostro paese e l'inefficacia dell'intero sistema di trattenimento ed espulsione degli stranieri irregolari".

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