Così Verdelli voleva cambiare i tg della Rai
Meno frasi fatte, sigle più corte, notizie legate tra loro e più esclusive. Alcune chicche dal documento bocciato dal cda Rai
Abbiamo letto il “piano Verdelli” (o “piano editoriale per l’informazione in Rai”), il documento la cui informale bocciatura dal parte del cda dell’azienda, il 3 gennaio scorso, ha dato il via a una serie di eventi e polemiche (dimissioni di Carlo Verdelli, ex responsabile editoriale per l’Informazione in Rai, assunzione dell’“interim” da parte del dg Antonio Campo Dall’Orto per portare a termine il lavoro di Verdelli, interviste incrociate di consiglieri ed ex consulenti Rai). Le 83 pagine del documento individuano punti critici soprattutto nelle “sovrapposizioni” tra testate giornalistiche Rai e stabiliscono alcuni obiettivi dopo disamina di costi, ascolti, situazione degli organici e situazione in alcune televisioni pubbliche considerate virtuose in altri paesi europei. Punti chiave (e oggetto di discordia preventiva) la sfida del “digital first”, con creazione di una “super-testata” web, con organico proveniente da riconversione ma anche da “ricognizione” sul mercato (i critici dicono: volete accorpare e poi create una nuova testata?) e la riorganizzazione delle sedi regionali. Ricorre il concetto di una Rai “ferma con l’orologio alla fine del secolo scorso”. Non mancano considerazioni sulla difficoltà del “riformare” in sé (con citazioni dal giuslavorista Marco Biagi, ucciso dalle Br nel 2002). Quella che segue è la parte del piano intitolata “proposte di intervento editoriale per tutte le testate”.
- In generale, marcano troppo poco (o per niente) le differenze tra le tre edizioni principali (mattino, mezzogiorno, sera), che pure segnano tre ambiti molto particolari della giornata, tre tipi di pubblico e anche tre esigenze informative differenti. Per esempio, in Francia, i tg dell’ora di pranzo sia di Fr2 sia di Tf1 hanno conduttori un po’ più anziani e popolari e trattano moltissimo di cronaca locale, consumi e vita privata, tenendo molto basse sia la politica interna sia quella internazionale: non è detto che sia l’unica soluzione possibile o la migliore, ma la scelta evidenzia che almeno si sono posti il problema. In ogni caso, la direzione creativa sta già lavorando con i direttori per allestire scenografie, luci e soluzioni adatte a rendere marcata la tripartizione temporale. Il debutto dei nuovi format è previsto per inizio 2017.
- Affrontare campagne (di denuncia o di sostegno a cause che lo meritino) e dare continuità sino al raggiungimento di un qualche obiettivo da condividere con i propri spettatori.
- Limitare al massimo (meglio sarebbe del tutto) le immagini di repertorio. Molto più efficaci le infografiche o lo sfruttamento intensivo delle sintesi che è in grado di produrre il “data journalism”.
- Meno political tattics, più political effects.
- Rimandi scarsi o pigri al nostro canale All News. E comunque andrebbe fatto, in maniera istituzionale, alla fine di ogni ultima edizione di tutti i Tg di rete.
- La rete è piena di umorismo, satira, photoshop geniali e virali, battute divertenti. Nei nostri Tg non ce n’è traccia.
- Conduzioni generalmente standard, senza capacità di legare le notizie, con il conduttore che legge il gobbo (o il foglio) e passa la linea a corrispondenti o inviati in modo burocratico, come se non fosse dentro il flusso delle notizie ma a lato, come un vigile che smista il traffico. E spesso senza guardare in faccia chi lo guarda.
- Il colloquio con l’inviato o il corrispondente equivale a un colloquio col pubblico. Che invece è escluso dai nostri Tg, prevalentemente composti da servizi chiusi. “APRIRE” UN PO’ I TG EQUIVALE AD APRIRE ALLO SPETTATORE.
- Accorciare la lunghezza delle sigle.
- Concepire i sommari con un 20% di imprevedibilità, rispetto al palinsesto tradizionale. Assolto l’obbligo di raccontare “l’essenziale di ciò che bisogna sapere della giornata”, il resto è creatività e passione giornalistica. E magari l’inserimento, tra le tante possibilità, di temi in forte crescita di interesse come la scienza, la tecnologia, il design.
- Puntare alle ESCLUSIVE, in ogni settore, dalla politica agli esteri, dall’economia alla cultura: i Tg della Rai raggiungono mediamente più pubblico, in ogni edizione, di tutta la stampa italiana messa insieme.
- Bandire frasi fatte come: “E ora passiamo alla politica” etc.
- Lo sport non è un vizio di pochi: è una grande miniera di storie, interessi ed emozioni, che coinvolge milioni di persone, e soprattutto molti giovani, che sono l’obiettivo “impossibile” di ogni organo di informazione tradizionale.
- Sperimentare, magari partendo dalle edizioni minori, tentativi di doppia conduzione, conduzione con ospite, conduttore + giornalista con computer per monitorare siti e social. E quando, presto, ci sarà il grande sito dell’informazione Rai, sfruttarlo per lanciare temi caldi e invitare la gente a intervenire e discuterne.
- Usare le luci in modo non uniforme e standard. A parte la necessaria differenziazione da perseguire tra le edizioni mattino-mezzogiorno-sera, anche all’interno dello stesso Tg le luci possono crescere o calare come elemento narrativo di differenziazione tra i vari segmenti dell’edizione.
- Lo schermo va naturalmente bene per “sparare” grandi foto. Ma il suo utilizzo può essere molto più ricco e variegato, sull’esempio di quello che già fanno alla Bbc e a FranceTv. Può ospitare tweet degli spettatori su un determinato tema, finestre con foto e sommario o “quotations” per arricchire un argomento (sulla Brexit, il conduttore Bbc aveva alle spalle uno schermo dove si alternavano, con foto, le prime prese di posizione dei grandi della Terra).
- Nella fascia del mattino, andrebbe aumentato il tasso delle informazioni di servizio per agevolare la vita quotidiana di chi si appresta a uscire di casa. Puntare molto sull’agenda del giorno, offrire in modo snello e con grafiche accattivanti “i 5 temi da seguire oggi”. Gli spazi Meteo e Viabilità potrebbero essere inglobati dentro i Tg, con contributi di esperti e grafiche che li rendano più caldi.
- Eccessiva influenza, nelle rassegne stampa, delle prime pagine dei quotidiani e pochissimo, o niente, dei contributi informativi dei siti internazionali o dei “trend topics” della Rete.