La Cgil non ha più senso: prenderne atto
Il conflitto è nel Dna della Cgil, l’ipocrisia ne è la conseguenza
Sergio Staino da “imprevisto direttore” dell’Unità, quotidiano del Pd, renziano quanto basta – ma in questa storia il renzismo non c’entra –, ha accusato da sinistra il segretario generale della Cgil Susanna Camusso di avere uno sterile spirito barricadero. “La tua azione – le dice Staino – è solo un continuo, ripetitivo attacco al governo di turno, senza offrire al contempo un progetto, una prospettiva e una conseguente azione politica. Un sindacato non può rimanere sulle barricate a tempo indeterminato aspettando che si cambi il governo”. Benvenuto nel club, caro Staino. Il corpaccione romano del sindacato più vecchio d’Italia ha assecondato i rigurgiti dei No Tav, No Triv, No alla riforma costituzionale – No a tutto. E’ il sindacato che dice siempre No ma non propone soluzioni. Attraverso i metalmeccanici Fiom di Landini ha osteggiato la modernizzazione delle relazioni industriali offerta da Marchionne, e ha perso: Fiat vende auto e dà lavoro. “Con questo atteggiamento e sotto la tua direzione – aggiunge Staino – la Cgil sta correndo il rischio, terribile, di diventare una vociante folla indifferenziata, senza più alcuna connotazione di classe e soprattutto di una classe responsabile nei confronti della società e delle sue istituzioni democratiche”. Ovvero: populista.
Ebbene l’antagonismo è nel Dna della Cgil da oltre trent’anni: in Italia il numero degli scioperanti rapportato al numero dei lavoratori è stato enormemente più alto rispetto a Francia, Germania, Spagna e Regno Unito dagli anni Settanta ai primi Duemila (“Perché l’Italia cresce poco”, A. Macchiati, il Mulino). Solo che all’antagonismo mascherato con la difesa dei diritti universali s’è aggiunta l’ipocrisia: pure quando razzola bene, la Cgil predica male. Demonizza i voucher ma li usa nelle sedi periferiche e ordina via mail di minimizzare il fatto con la stampa (imitazione del modus operandi grillino). Tuttavia a Camusso non basterà recuperare la lezione di pragmatismo di Luciano Lama e Bruno Trentin, come consiglia Staino, dovrebbe superarla. Trentin, storico leader, ha lasciato dei tic: rigettava la partecipazione dei lavoratori alla gestione aziendale perché metteva a rischio l’autonomia del sindacato. Eppure la Costituzione promuove l’elevazione economica e sociale del lavoro (art. 48). Ma così il conflitto coi “padroni” si sarebbe esaurito. Appunto.
L'editoriale dell'elefantino