La Consulta lasci stare la politica, grazie
Ritardare il voto. La Corte gioca con un disegno politico. Meglio evitare
Ai tempi d’oro dei suoi deflagranti conflitti istituzionali, Silvio Berlusconi lo ripeteva spesso: “La Corte costituzionale è un organo politico”, che il Cav. attribuiva, nella sua totalità, al controllo degli avversari, “i comunisti”, o meglio la sinistra. E certo c’era, in queste valutazioni, molto fastidio, antipatia e malumore, ma forse anche un pizzico di verità. In questi ultimi tempi – per esempio – è stata una decisione tecnica, o una decisione politica, quella di rinviare la sentenza sulla legge elettorale fino al 24 gennaio, costringendo così il Parlamento ad allontanare le elezioni anticipate? E’ stata una scelta tecnica, o una scelta politica, quella di bocciare il referendum della Cgil sull’articolo 18, confermando – come nel rinvio della decisione sull’Italicum – una certa inclinazione continuista della massima Corte in cui siede, tra gli altri, un grande tecnico molto politico come Giuliano Amato?
E insomma in ogni sua più recente decisione è sembrato che la Corte abbia agito seguendo un preciso disegno politico-ideologico: un occhio alla Costituzione, ovviamente, e uno a quei princìpi di stabilità che sembrano stare molto a cuore al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Dunque questo fogliuzzo una cosa se la augura, ora che la Consulta, tra meno di dieci giorni, dovrà restituire al paese una legge elettorale: che decida nel merito e solo nel merito. E infatti, che il ballottaggio debba restare o sparire, che il premio di maggioranza vada corretto o cancellato, non sono decisioni che possono essere prese con l’idea di orientare i partiti e la democrazia. A queste cose pensa il Parlamento, che è eletto dal popolo sovrano. La Corte costituzionale si occupi della Costituzione. Grazie.