A Roma lo stipendio dei netturbini fa come l'immondizia: aumenta
Il sindaco Raggi deroga al contratto nazionale e dà 120 euro al mese in più ai lavoratori dell'Ama, senza chiedere loro più lavoro. Intanto la Capitale resta sporca e Grillo continua a denunciare le "mance" elettorali del Pd fingendo di non vedere le sue.
L’Ama, azienda municipalizzata romana che si occupa della nettezza urbana, ha deciso di derogare dal contratto nazionale firmato pochi mesi fa. Concederà immediatamente l’aumento di 120 euro al mese, ma non richiederà l’aumento di due ore dell’orario e la disponibilità al lavoro domenicale, che costituivano le contropartite negoziate dall’associazione nazionale delle aziende municipali.
A Roma la domenica lavora una esigua quantità di spazzini, il che determina un accumulo di immondizie che poi, per essere smaltite (sempre che lo siano), richiedono l’impiego di onerosi straordinari oltre che l’erogazione di un bonus previsto solo per i 7.800 dipendenti dell’Ama e chiamato “indennità per il maggior carico di lavoro del lunedì”.
Le altre città hanno gestito l’accordo, mentre nella capitale l’intenzione del direttore generale dell’Ama, Stefano Bina, di fare applicare il contratto è stata clamorosamente smentita da un intervento dell’amministratrice unica Antonella Giglio – nominata da Virginia Raggi – la quale ha comunicato ai sindacati che l’aumento entra in vigore immediatamente, ma la correzione di orario no.
I sindacati esultano, quelli nazionali puntano a usare il “precedente” romano per far saltare gli aspetti meno graditi del contratto anche nelle altre città; quello autonomo locale, l’Udb, che aveva fatto campagna apertamente per l’elezione della giunta a Cinque stelle, ora può vantare un clamoroso successo.
E dire che Beppe Grillo continua a denunciare le “mance” elettoralistiche che secondo lui il governo ha concesso per cercare di ottenere il consenso al referendum sulla riforma costituzionale. Le aziende delle altre città, invece, sono preoccupate, lo hanno anche scritto in un comunicato ufficiale, per il comportamento irresponsabile dell’amministrazione capitolina che riapre un contenzioso che era stato chiuso a luglio con la firma del contratto, ora manomesso.
Naturalmente la scelta demagogica della Raggi avrà un costo per l’azienda e quindi per il bilancio comunale, che viene stimato in almeno un milione di euro al mese. L’effetto sarà probabilmente un aumento della tassa sui rifiuti, che a Roma è già la più alta d’Italia, in cambio di un servizio il cui pessimo funzionamento è sotto gli occhi di tutti.
D’altra parte il bilancio del comune di Roma non esiste, visto che quello che era stato stilato è stato bocciato, e ancora non si sa come l’amministrazione intenda sostituirlo con un nuovo documento contabile più realistico. Quelli che gridano all’accanimento puramente politico contro l’amministrazione capitolina ora hanno qualche elemento di fatto su cui riflettere.