La sceneggiata dei due populisti
Grillo è fuffa ma si capisce che vuole. Salvini è fuffa e non si capisce che vuole
E gli italiani – fortunelli – scoprono sempre più di averne ben due, due gran populisti, due agitatori di piazza e venditori di tappeti, come in questi tempi ne spuntano fuori a ogni angolo in Francia e in Belgio, in Olanda e in Austria, e persino negli Stati Uniti. Solo che da noi, che evidentemente amiamo abbondare in ogni cosa – come nella ricchezza del cibo così nella fioritura delle parole e dunque anche nei molteplici prodotti della politica – i frutti del populismo sono anche loro, come il resto, effetti dal nostro fantasioso e bulimico desiderio di moltiplicare ogni cosa. E sono dunque due, una coppia, i populisti d’Italia, anche se non possono andare a braccetto (per la verità uno dei due, quello che veste in felpa, vorrebbe, ma l’altro, quello che ha litigato con il barbiere, gli fa le pernacchie). E così uno sembra avere un suo progetto egemonico, per quanto possa apparire scombiccherato e immerso in un mondo di esagerazioni caricaturali prive d’ogni scala comparativa, mentre l’altro è scombiccherato e basta.
E insomma se Beppe Grillo, tra pasticci europei e micro-chip, decrescita felice e infelice amministrazione del comune di Roma, viaggia fastosamente su un consenso elevato (chissà per quanto) e dunque può già candidare Luigi Di Maio alla presidenza del Consiglio (ci viene da ridere), Matteo Salvini invece – che lo insegue con i doposci – sembra vivere soddisfatto in una bolla che lo inchioda intorno al 10 per cento, e lo consegna tristemente al rango d’imitatore di Grillo, o forse di costola (slogata) del M5s. E infatti cosa voglia Grillo, all’incirca, si capisce: non si allea con nessuno, manda tutti a vaffa e vuole comandare da solo la sua banda di ragazzotti ignari del congiuntivo e sottoposti alla coercizione di un contratto di dubbia legalità che prevede centocinquanta mila euro di penale per chi disubbidisce al capo. Ma cosa vuole Salvini non lo capisce nessuno. Tralasciando il non secondario dettaglio che ha perso le ultime elezioni nella sua città, Milano, e le ha perse pure a Varese, cioè la Nazareth del leghismo, il segretario della Lega non si allea con Berlusconi, non prova nemmeno a recitare la parte di quello capace di prendere il posto del vecchio Cavaliere (gli manca la cravatta) e in definitiva sembra accontentarsi di vivere in televisione dove lo invitano solo perché somiglia ad Alvaro Vitali. Salvini è il più grande mistero della politica italiana. Ma a che serve?