Matteo Renzi porta il Pd al congresso: "Ma niente scissioni"
L'Assemblea verrà convocata prima possibile e poi si avvierà subito l'iter della sfida per la segreteria. L'ex premier: "Si chiude un ciclo. Chi perde non scappi con il pallone"
Matteo Renzi lascia, per ora, e prova a raddoppiare. L'ex premier conferma le indiscrezioni della vigilia e, aprendo la Direzione del Pd, apre ufficialmente la fase congressuale. Il partito terrà il congresso nel più breve tempo possibile e sarà l'Assemblea, che verrà convocata nei prossimi giorni, a stabilere il regolamento e la data (nel 2013, precedente citato da Renzi, il regolamente venne approvato 27 settembre e le primarie si svolsero due mesi dopo, l'8 dicembre ndr). E la cosa, assicura, non avrà alcun riflesso su eventuali elezioni anticipate.
La sfida è lanciata. Ora toccherà alla minoranza del partito organizzare la propria controffensiva. Senza evocare possibili scissioni. Perché su una cosa Renzi è stato chiaro: la sfida sarà aperta e vincerà chi avrà le idee migliori ma, il giorno dopo, chi perde dovrà accettare l'esito del voto e collaborare con chi ha vinto. Non certo andarsene "portando via il pallone".
"Si chiude un ciclo alla guida del Pd - ha spiegato nella sua relazione introduttiva rivendicando i risultati della sua segreteria -. Io non voglio scissioni. Nella mia idea la scissione è un momento drammatico. Non ho mai immaginato una scissione sul calendario, su quando si fa il congresso, ma credo che sia buon senso da parte di chi ha responsabilità accettare l'invito a fare il congresso prima delle elezioni. Io non voglio scissioni, ma se scissione dovesse essere non voglio ci siano alibi".
Quindi si è rivolto alla minoranza: "Sento dire che il congresso del Pd servirà per costruire un'alternativa al renzismo. Per me il congresso deve servire a costruire un'alternativa al trumpismo, al lepenismo. Mi dispiace se io sono il vostro incubo. Per me gli avversari sono fuori da questa stanza".
Lo stato dell'Europa. La riflessione dell'ex premier è stata più ampia delle schermaglie interne al partito. Punto di partenza la sconfitta al referendum costituzionale del 4 dicembre che ha prodotto un "ritorno al passato". "Da due mesi la politica è bloccata - ha esordito - e la parola futuro è improvvisamente scomparsa dalla narrazione. L'Italia è rannicchiata nell'attualità".
Quindi ha elencato alcune cose accadute negli ultimi mesi: dalla relazione di Xi Jinping a Davos alla svolta protezionista di Donald Trump che sta segnando la fine "dell'american dream"; dalla discussione che si riaprirà sul fiscal compact fino a quello che sta succedendo in Germania, con la candidatura di Schulz, e in Francia con i rischi connessi alla corsa verso l'Eliseo di Marine Le Pen.
Insomma la "complessità delle sfide" è davanti agli occhi di tutti. E "il Pd è il più grande partito della sinistra europea". Da qui, secondo Renzi, deve partire la discussione interna al partito perché solo i populisti si "possono permettere di contestare e basta". In questo senso il congresso deve rappresentare un modo per "tornare alla politica". Basta caminetti, basta spaccature e minacce. "Io - ha aggiunto - non dirò mai a qualcuno vattene. Al contrario dico venite, rendete contendibile la leadership".
Il voto anticipato. Renzi ha quindi rassicurato sulla tenuta del governo Gentiloni. "Il congresso - ha sottolineato - non si fa per decidere la data del voto. Anche perché, prima o poi, si dovrà votare. Io non cerco rivincite per il referendum. Il referendum l'ho perso e mi sono dimesso". L'ex premier ha spiegato anche l'iniziativa di alcuni deputati a lui vicini che, nei giorni scorsi, hanno presentato un documento per chiedere al governo di non aumentare le tasse: "È un principio di serietà nei confronti dei cittadini. Sono contro la procedura di infrazione ma i 3,4 miliardi possono essere recuperati non aumentando le accise, ma con un disegno complessivo che ci permetta di recuperare la curva della crescita". La sfida è lanciata: Renzi annuncia che nei prossimi mesi si "divertirà ad andare in giro per imparare" e chiede ai tg di "scomparire dai pastoni". Le sue dimissioni da segretario dovrebbero diventare ufficiali nel corso dell'Assemblea del Pd che potrebbe essere convocato già in settimana. Da lì partirà ufficialmente l'iter del congresso. Lo statuto prevede dai 4 ai 6 mesi. Ma il segretario sembra puntare a due. Di certo l'atto conclusivo si terrà al Lingotto. Lì dove nel 2007 Walter Veltroni lanciò l'idea del nuovo partito. Lì dove, oggi, 10 anni anni dopo, tutto potrebbe finire.
Minoranza all'attacco. Dopo la fine della relazioni i primi ad intervenire sono stati due esponenti della minoranza, Gianni Cuperlo e Pier Luigi Bersani. Ed entrambi non sembrano aver troppo gradito l'accelerazione impressa da Renzi. "Il governo governa e a giugno parte il congresso - ha attaccato Bersani -. Sto dicendo delle assurdità? Vorrei sapere se c'è qualcuno
che può dire che sto dicendo delle assurdità. Perché prima di arrivare al congresso serve una politica. Se partiamo da domani
mattina, facciamo un congresso del solipsismo, che guarda a sé stesso". Per l'ex segretario è fondamentale dire con chiarezza, fin da subito, che il governo arriverà a fine legislatura, quindi aprire una discussione che porti al congresso.
Sulla stessa linea Cuperlo: "Il punto non è 'perdo, pago pegno', ma 'abbiamo perso, che cosa dobbiamo cambiare?'. Le soluzioni non si trovano dietro il tavolo di questa sala, la saggezza porterebbe a riconoscere questo. Io credo che dobbiamo
trovare regole che ci allontanino dal quinto governo di larghe intese. Il congresso non si fa per decidere la data del voto,
ma a decidere cosa dire agli italiani prima di andare a votare, e poi dobbiamo aiutare Gentiloni per portare in porto le leggi che sono lì lì per essere approvate. Matteo tu non sarai mai il mio avversario. Gli avversari non sono dentro questa sala, tu non hai
avversari qui dentro. L'avversario è fuori ed è la destra. Ma il punto è se la tua politica sia quella giusta per sconfiggere la destra".