Carlin Trumpini
Il protezionismo dei gemelli diversi Petrini e The Donald. Vedi Ceta
Diciamoci la verità, Donald Trump sta realizzando i sogni di quella sinistra che lo descrive come un incubo, sta mettendo in pratica a modo suo la propaganda protezionista che per decenni ha trovato spazio nella stampa progressista. Quella sinistra che si oppone come The Donald al Tpp, al Ttip e a ogni altro trattato di libero scambio. E l’affinità tra la destra e la sinistra sovraniste esiste ed è evidente ancora oggi. Prendiamo il Ceta, l’accordo economico e commerciale tra Canada e Unione europea che, a meno di colpi di scena, verrà ratificato oggi dal Parlamento europeo. Si tratta di un accordo per abbattere le barriere commerciali, che farà incrementare l’interscambio di 12 miliardi di euro e permetterà a paesi trasformatori come l’Italia di incrementare l’export. Chi si schiera trumpianamente contro il Ceta è Carlin Petrini dalle colonne della trumpiana Repubblica: “Oggi in Europa ci sono circa 1.300 prodotti alimentari a indicazione geografica – scrive il fondatore di Slow food su Rep. – di tutti questi, il Ceta ne tutelerebbe 173. Questo significa che denominazioni di origine potrebbero essere tranquillamente imitate oltre oceano”. Per capire di cosa si parla bisogna considerare che in Italia l’80 per cento della produzione e oltre il 90 per cento dell’export agroalimentare Dop/Igp sono composti da 10 prodotti, tutti tutelati dal Ceta. Anzi, il Ceta ne riconosce un’altra trentina, inclusi il cappero di Pantelleria, il kiwi di Latina e la lenticchia di Castelluccio, prodotti che comunque verrebbero difficilmente imitati tra Vancouver e Montréal. La realtà è che il protezionismo a km zero di Petrini è solo una versione di prossimità dell’America first di Trump.
L'editoriale dell'elefantino