La pista di ghiaccio davanti al Rockfeller Center di New York (Foto LaPresse)

Il prof. Montanari, urbanista distruttore

Redazione

Le sviste storico-ideologiche di “mr. art .9” sullo sviluppo delle città

Se l’art. 9 della Costituzione tanto caro a Tomaso Montanari, che tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico, vieti anche la costruzione di nuovi stadi, non  sapremmo dire. Certo è che con un siffatto art. 9 non avrebbero costruito nemmeno l’Anfiteatro Flavio. Ma non è questo il punto. Il punto non è nemmeno che il prof. se la prenda, su Rep. di ieri, con la “maledetta linea d’ombra” che consiste nel varcare la carica pubblica, poiché chiunque la varchi “subisce un mutamento radicale nel linguaggio, nell’etica” e diviene un distruttore (o privatizzatore) di città. Tanto che persino i Cinque stelle, che pure erano dotati, così la pensa il prof., di un diverso Dna urbanistico oggi mostrano “subalternità allo stato delle cose”. Ma questa è soltanto tragicommedia.

 

Quel che invece è indigeribile, e minaccioso peggio dell’inquinamento per il futuro delle nostre città, è ciò che il noto tutelatore costituzionale sostiene in linea generale. Ieri se l’è presa, bontà sua, persino con l’ex ministro ed ex assessore allo Sviluppo del territorio della giunta Albertini, Maurizio Lupi, definito, addirittura, “un simbolo” della “fine dell’urbanistica”. Per via della restituita libertà ai privati di progettare e costruire. Basterebbe rispondere che la positiva trasformazione urbanistica di Milano, con tanto di recupero di verde pubblico, è iniziata proprio con le idee della giunta Albertini. Ma per Montanari privato significa offesa e ruberia, lo stadio di Roma è un male assoluto proprio perché è “un  progetto ‘della’ Roma”. È come affermare che il Rockefeller Center non sia “di” New York perché l’ha costruito un privato. È il contrario della logica, dell’urbanistica, e della storia.