"Mi si nota di più se vado o se resto?". La strana scissione-non scissione del Pd
I bersaniani disertano la direzione di domani. Rossi annuncia già un nuovo gruppo parlamentare alla Camera. Ma Stumpo frena: "E' prematuro". Orlando, Cuperlo, Boccia e Damiano continuano a mediare con la minoranza
La scissione? "Ancora nulla è successo, bisogna lavorare per evitarla, finché qualcuno non metterà la parola fine, noi continueremo a lavorare", ha detto il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, al suo arrivo ad una tavola rotonda alla Scuola della magistratura a Scandicci, vicino Firenze. "Se la mia candidatura impedisse la scissione, sarei già candidato. Non ho capito quale sia il problema in questo passaggio...". Il nome del ministro della Giustizia è diventato cruciale nel dibattito interno al partito, che assicura di impegnarsi per impedire una spaccatura definitiva: "L'unica cosa che non sto facendo è riorganizzare nuove correnti di cui non si sente il bisogno. Al di là del rapporto di forza e dei numeri - ha concluso - la scissione è una sconfitta per tutti".
E se Orlando si candida da mediatore tra renziani e minoranza per cercare un'intesa con altri esponenti del partito e presentare una candidatura alternativa a quella di Matteo Renzi, il governatore della Toscana Enrico Rossi annuncia un nuovo gruppo parlamentare degli scissionisti che sosterrà, in ogni caso, l'esecutivo guidato da Paolo Gentiloni. "Ci sarà, a quanto mi risulta, un gruppo formato da chi esce dal Pd e chi esce da Sinistra italiana, ma sosterrà il governo", annuncia a RaiNews24, guardando alla Camera, il presidente della Regione ed esponente della minoranza. Rossi non lascia margini di dubbio sul percorso che gli scissionisti dovrebbero seguire e dà voce a quella parte di minoranza del Pd che dice "non voglio stare nel partito di Renzi". "Senza rancore, rispettateci. Ieri il compagno Fassino e il compagno Veltroni ci hanno mazzolato abbondantemente. Noi non vogliamo distruggere la casa di nessuno, ci sono anche belle separazioni consensuali...", ha aggiunto Rossi. E sul tentativo di mediazione di Orlando il governatore replica con toni che lasciano ben poco spazio alla rappacificazione:"Stavo pensando di rispedire la tessera alla mia sezione", afferma, perché "in questo partito" considerate le parole pronunciate ieri da Renzi "non c'è spazio", ha detto.
Anche dal fronte degli scissionisti si continua a sottolineare che "niente è ancora consumato" ma i segnali che arrivano continuano a indicare che la realtà è ben diversa. Nico Stumpo, deputato della minoranza, annuncia che gli otto componenti dell'area bersaniana non parteciperanno alla direzione del partito di domani, anche se poi bolla come "prematura ogni considerazione" sulla formazione di nuovi gruppi parlamentari. A un giorno dalle dimissioni di Matteo Renzi e a meno di 24
ore dalla Direzione, le possibilità che la guerra tra maggioranza e minoranza possa ricomporsi sembrano ridotte al lumicino.
D'altra parte Cesare Damiano si schiera dalla parte della diplomazia di Orlando. Dopo le parole dure usate ieri in assemblea nei confronti di Renzi e del gruppo dirigente, Damiano cerca di convincere i colleghi di partito a non lasciare "la ditta" e a proseguire la battaglia dall'interno per "coagulare un campo di forze progressiste e riformiste che si riconoscono nei valori del socialismo". Dall'esterno Enrico Letta guarda intanto "attonito al cupio dissolvi del Pd". "Mi dico - scrive su Facebook l'ex presidente del Consiglio mandando agli ex compagni di partito un invito alla "generosità e alla regionevolezza" - che non può finire così. Non deve finire così". E con loro anche Gianni Cuperlo assicura che "per quello che mi riguarda lavorerò fino all'ultimo per evitare una rottura che, al di là dei numeri, è una rottura simbolica del progetto su cui abbiamo investito gli ultimi vent'anni".
L'ultima mediazione la tenta Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera. Domani in direzione, spiega, "abbiamo l'ultima possibilità di salvare il Pd, Renzi non butti via tutto, faccia un gesto di umiltà, tolga anche
lui ogni alibi per una scissione che farebbe male solo alla comunità democratica. Mi aspetto una risposta chiara e definitiva" perché, conclude, "il Pd è nato come progetto politico plurale, se perde questa caratteristica non è più il Partito democratico ma una brutta copia della Casaleggio Associati".