C'è un problema con le primarie del Pd: si chiama affluenza
Michele Emiliano lavora bene sui numeri ma è quasi certamente fuori. La vera partita Renzi la sta giocando con Orlando
I primi risultati dei congressi di circolo del Partito democratico hanno segnato un successo per Matteo Renzi. L’ex segretario vince un po’ dovunque, soprattutto, a sorpresa, nelle zone operaie. Come a Pomigliano, dove in questo week end ha avuto un successo schiacciante sui suoi due avversari. Ma c’è un dato che preoccupa il quartier generale renziano. Ed è quello dell’affluenza degli iscritti al voto. E’ molto bassa e questo ha messo tutti i dirigenti che sostengono l’ex presidente del Consiglio in agitazione. Non tanto per il risultato finale, perché di quello nessuno dubita. Per primo il ministro della Giustizia Andrea Orlando e il governatore della Puglia Michele Emiliano. La preoccupazione riguarda le primarie del 30 aprile. Già la data è infelice perché si prevede che molti italiani sfrutteranno la possibilità di andare in vacanza, viste le due festività del 25 aprile e del primo maggio. In più, se la scelta del segretario del Pd non entusiasma nemmeno i militanti, figuriamoci gli elettori e i simpatizzanti.
Certo, se venisse confermato il dato secondo il quale i congressi di circolo vota soltanto il 50 per cento dei militanti, quella di Matteo Renzi si potrebbe considerare una vittoria dimezzata. E di sicuro i suoi due avversari gliela farebbero pesare. Però l’ex segretario è preparato a questa evenienza e ha già studiato le possibili contromosse. Quello che invece Renzi non vuole è che gli elettori delle primarie siano pochi. L’ex premier ha fissato a quota due milioni la partecipazione ai gazebo. Sotto quella soglia, secondo lo stesso Renzi, si tratterebbe di una sconfitta non tanto per lui quanto per tutto il Pd.
Non sembra invece preoccupare lo stato maggiore dell’ex segretario l’eventualità, pure paventata da diversi giornali, che Michele Emiliano possa fare una grande exploit alle primarie, portando a votare masse di gente che poco ha a che fare con il Pd. I dirigenti vicini a Renzi sono convinti che Emiliano arriverà terzo, dopo Andrea Orlando, anche alle primarie del 30 aprile. E infatti il vero duello è quello con il ministro della Giustizia. Il quale sta mietendo consensi in ambienti perfino poco di sinistra, da cui pure Orlando proviene. E non si sta parlando di Enrico Letta, il cui voto era scontato e che, comunque, non ha quasi nessun seguito sia nel Pd sia nell’elettorato di centrosinistra. Si sta invece parlando di ambienti del mondo economico e della cultura, che negli ultimi tempi stanno lanciando degli sguardi di intesa al Guardasigilli. Nell’entourage renziano c’è chi è addirittura convinto che anche giornali considerati finora amici, come Repubblica, possano indirizzare le loro antenne verso Orlando.
Un altro motivo di preoccupazione forte che tuttora permane riguarda la soglia del 50 per cento dei consensi delle primarie. Sotto quella quota infatti bisognerebbe tornare all’assemblea nazionale perché, secondo il farraginoso statuto del Pd, toccherebbe a quell’organo decidere chi sarà il segretario nel caso in cui nessuno dei contendenti in lizza avesse superato il 50 per cento. La paura non riguarda la possibilità di un ribaltone in assemblea rispetto alle primarie. Insomma, Renzi non teme che, una volta arrivato primo, magari con il 48 per cento dei consensi, potrebbe poi perdere in assemblea per il voto dei delegati. E’ vero che lo scrutinio è segreto ma è anche vero che una vittoria ottenuta in questo modo non gioverebbe a nessuno perché la sua conseguenza immediata sarebbe l’esplosione del Pd. Ciò che invece preoccupa l’ex premier è il fatto che, non avendo raggiunto quota 50 per cento, dovrebbe per forza scendere a patti con Andrea Orlando. E questo significherebbe che, ancora una volta, Renzi potrebbe non avere il pieno dominio della situazione politica generale e del partito, in particolare.