Salvare Cantone dal "cantonismo"
Perché è appropriato evitare che l’Anac diventi strabordante
Il Consiglio dei ministri, su proposta di Paolo Gentiloni e del ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, ha riscritto i poteri sugli appalti da attribuire all’Anac, l’Autorità anticorruzione di Raffaele Cantone. In pratica l’Anac vede ridotto il raggio d’intervento preventivo, senza aspettare la magistratura, com’era previsto al comma 2 del nuovo codice. Mentre Gentiloni dagli Stati Uniti smentisce volontà di ridimensionamento, in base ad autorevoli indiscrezioni il Foglio apprende che l’Anac avrà poteri giudiziari effettivi ma in base ai fatti.
La decisione è del 13 aprile ma solo ieri si è scatenata la reazione dei grillini e di parte del Pd a cominciare dai due relatori al Senato della della legge. I Cinque stelle gridano al “regalo alla corruzione mentre crollano ponti e viadotti”, tirano in ballo le inchieste su Roma e sulla Consip visto che giovedì Cantone ha incontrato l’ad Luigi Marroni: trascurando che i testi d’accusa della procura di Napoli si sono rivelati inaffidabili.
Cerchiamo di essere seri. L’Anac non è stata ridimensionata, anzi avrà poteri più chiari, ed è stata ricondotta al ruolo originario di autorità per fornire ai poteri pubblici opinioni e valutazioni operative su atti sensibili, comprese le nomine nello stato e negli enti locali. Tutto questo rimane. Ma dai tempi di Matteo Renzi, che aveva voluto Cantone, i poteri dell’Anac si erano allargati al punto di paralizzare all’origine ogni opera pubblica, compresa la ricostruzione delle aree terremotate. Non solo. Era diventata una sorta di passe-partout dei giustizialisti, in nome della legalità s’intende, tirata per i capelli dalle banche alla Rai alla microburocrazia a ogni livello. Non è lo stato di diritto che Cantone ha sempre detto di voler difendere.