Minzolini sì, Vacciano no. Così il senatore ex M5s resta “ostaggio” del Senato
Per la quinta volta l'Aula di Palazzo Madama respinge la richiesta di dimissioni dell'ex esponente del Movimento. Sono due anni che sta provando a lasciare il suo scranno
Augusto Minzolini sì, Giuseppe Vacciano no. Il metro di giudizio del Senato non è uguale per tutti. Perché proprio mentre l'Aula, con voto palese, accettava le dimissioni dell'ex direttore del Tg1, un suo collega, ex 5 Stelle, le vedeva respinte per la quinta volta.
No, non è uno scherzo. Giuseppe Vacciano ha presentato le sue dimissioni due anni fa, ma da allora è rimasto prigioniero di Palazzo Madama. Cinque, compresa quella di oggi, le votazioni: 17 febbraio 2015, 16 settembre 2015, 13 luglio 2016, 25 gennaio 2017 e, per l'appunto, 20 aprile 2017. Ed esito sempre uguale. Richiesta respinta.
È chiaro che dietro a tutto si nasconde un calcolo politico. Venissero accettate le dimissioni, infatti, a Vacciano subentrerebbe un grillino doc. E questo rafforzerebbe il gruppo del M5s. Una cosa che evidentemente non piace agli altri partiti. Che così, spiegando che “il parlamentare non ha vincolo di mandato”, continuano a salvarlo.
Vacciano, 44 anni, è un impiegato della Banca d'Italia che vive a Latina, e nel Lazio è stato eletto, nel 2013, candidato nelle liste del Movimento. Due anni dopo, però, è entrato in rotta di collisione con il direttorio. Così ha deciso di andarsene e, per correttezza nei confronti dei suoi elettori, invece di iscriversi ad un altro gruppo, ha deciso di dimettersi. Peccato che il suo tentativo non sia andato a buon fine. Da due anni Vacciano si trova all'interno del gruppo Misto, vorrebbe andarsene, ma i suoi colleghi sono di tutt'altro parere. E anche oggi, mentre Minzolini salutava il suo scranno, l'Aula ha detto no: contro le dimissioni 129 senatori, 90 i favorevoli, 7 gli astenuti. Lui, per allontanare letture maliziose, fa sapere che non ha mai votato con la maggioranza (il che rende comunque il suo voto inutile per garantire la sopravvivenza del governo Gentiloni) e comunque riproverà presto, per la sesta volta, a chiedere di essere “liberato”. Chissà se stavolta ci riuscirà.
Equilibri istituzionali