Legittima difesa, solo al chiaro di luna
La Camera approva un testo che sembra più che altro una mezza misura e che non mette d'accordo nessuno
Il tema della legittima difesa, o meglio del reato di eccesso di legittima difesa, diventato di attualità per una serie di vicende legate a rapine, è stato affrontato in Parlamento, con una legge, destinata a una difficile verifica in Senato, che però non sembra convincente. Il punto critico sta nella definizione imprecisa dei limiti nei quali questo diritto può essere effettivamente e legittimamente esercitato. Il principio più difficile da interpretare è quello della proporzionalità della difesa: un principio che se interpretato in modo estensivo in realtà nega il diritto alla legittima difesa. Il furto non è proporzionale all’omicidio o al tentato omicidio, quindi se un cittadino spara a un ladro o a un rapinatore reagisce in modo “sproporzionato” e quindi si macchia di un reato? Si trattava di decidere se modificare, abolire o precisare questo principio, che rende obbligatoria una azione penale nei confronti delle vittime di aggressioni o rapine che reagiscono. Su questo punto nodale, però, non si è trovata un’intesa, né all’interno della maggioranza né con i rappresentati delle opposizioni. Si è presa una strada diversa, quella della definizione delle condizioni temporali o psicologiche che giustificano la reazione all’aggressione. Se si reagisce con le armi durante la notte, o in condizioni di scarsa visibilità, i limiti della legittima difesa si ampliano. Anche se c’è una condizione psicologica di paura lo sparo “accidentale” viene legittimato.
E’ facile replicare che non si capisce perché una rapina diurna sia meno traumatica di una notturna. E che non ha senso trasformare il giudice in perito psicologico che deve determinare se l’aggredito era in condizioni particolari, quando sembra ovvio che una reazione di paura quando un estraneo si introduce illecitamente nell’abitazione o nel luogo di lavoro della vittima sia inevitabile. In sostanza il legislatore vuole ampliare la legittima difesa, ridurre l’area di applicazione del reato di eccesso, ma non sa o non vuole farlo in modo esplicito. C’è chi non vuole cedere allo spirito dell’autodifesa, chi contemporaneamente è convinto dell’esigenza di dare un segnale a chi si sente insicuro. Non si tolgono di mezzo, però, le procedure giudiziarie nei confronti delle vittime che, anche se finiscono quasi sempre con un’assoluzione, vengono percepite come un accanimento giudiziario rivolto contro chi ha subito un reato.
Come tutte le mezze misure, anche questa non convince appieno nessuno, il che è quasi ovvio per quel che riguarda le posizioni politiche contrapposte, ma che, trattandosi di una materia che suscita interesse reale, può ottenere l’effetto controproducente di diffondere l’impressione generale che si legiferi in modo confuso e inefficace, più per dare l’impressione di voler intervenire che con la capacità di farlo effettivamente.
Naturalmente non sfugge che una scelta più decisa, che sarebbe auspicabile, trova opposizioni e suscita contrasti, ma è meglio affrontarle esplicitamente e in modo argomentato che cercare di aggirarle con mezzucci che mostrano la corda dell’indecisione di fondo.