Il paradosso dei grillini che si scoprono liberali davanti all'apologia di fascismo
C'è una certa venatura propagandistica nell’opposizione del M5s alla proposta di legge di Fiano
Il Movimento 5 stelle si scopre improvvisamente liberale e, con argomenti assai discutibili ma non peregrini, boccia la nuova legge sull’apologia di fascismo come “liberticida”. Si tratterebbe dell’introduzione di un “reato di opinione”, non della repressione di comportamenti volti alla ricostituzione del partito fascista, esplicitamente vietati dalla Costituzione e dalle leggi che portano il nome di Mario Scelba e di Nicola Mancino. La replica di Matteo Renzi, che ricorda come liberticida fosse il fascismo e non la legge che ne punisce l’apologia, è ovvia, forse un po’ troppo. Le opinioni nostalgiche, per quanto irritanti, sono appunto opinioni, la collezione di ciarpame propagandistico del ventennio è prova di cattivo gusto, è assai dubbio che costituisca un reato, è certo che non è un pericolo per la tenuta della democrazia.
Però l’opposizione dei grillini deve essere decrittata, perché si fatica a riconoscere in questo movimento costruito sull’indignazione e il dileggio una radice liberale così consistente. I grillini continuano a sostenere che l’Italia è dominata da una partitocrazia antidemocratica, che quello che ci governa è un “regime” insopportabile, insomma che una specie di dittatura c’è già. La mobilitazione di ceti medi che si sentono declassati contro il parlamentarismo è un fenomeno diffuso e non necessariamente fascista, quindi sarebbe eccessivo accomunare l’agitazione grillina con le scorrerie squadristiche. Tuttavia si può sospettare che l’opposizione alla proposta di legge sull’apologia di fascismo abbia anche una venatura propagandistica, volta ad attirare chi considera la democrazia repubblicana non migliore del regime precedente. Al di là delle ambiguità, converrebbe evitare, non per dare ragione ai grillini ma per non combattere contro i mulini a vento di un inesistente pericolo neofascista, delimitare i divieti ai comportamenti pubblici, lasciando alle opinioni private la libertà di esprimersi, combattendole poi con la forza della ragione e non con la ragione della forza.