Atac, sciopero e non solo. Compagni, non abbiamo una linea!
L’errore del Pd romano che decide di non decidere sul referendum sull'azienda di trasporto pubblico
Ieri il Pd romano aveva convocato una direzione straordinaria per deliberare una posizione sul trasporto pubblico locale, in particolare sul referendum promosso dai Radicali per rompere il perenne monopolio dell’Atac. E alla fine la linea è stata decisa: non abbiamo una linea. O meglio, lasciamo libertà di coscienza. Come se staccare o meno la spina all’Atac fosse una questione di bioetica e non una una scelta strategica per la città. Ormai le disfunzioni della partecipata sono economicamente insostenibili. Da sola Atac produce il 30 per cento di tutto il deficit nazionale nel settore del trasporto pubblico locale, chiude i bilanci in rosso da anni e ha accumulato un debito di 1,2 miliardi di euro. A questi soldi bisognerebbe aggiungere i disagi dei cittadini e tutto il pil bruciato a causa di un servizio inefficiente e indegno per una città del mondo sviluppato. Si tratta di un’azienda tecnicamente fallita, che tra le altre cose non rispetta il contratto di servizio firmato con il comune.
Per questo motivo i Radicali hanno proposto un referendum con cui chiedono una cosa semplice: una gara pubblica, aperta a operatori sia pubblici che privati, per gestire il trasporto in maniera più decente e costi più contenuti. A favore del referendum si è espresso anche Roberto Giachetti, che pure solo un anno fa era il candidato sindaco del Pd per Roma. Il Pd della capitale invece, dopo un congresso che non ha fatto altro che riprodurre in scala nanometrica la gara tra correnti nazionali – e in evidente deficit di personalità rappresentative – alla prima seria occasione per discutere sui contenuti lascia libertà di coscienza. Non dice che il referendum è sbagliato, non dice neppure che è giusto, come si può leggere nell’inserto Roma Capoccia. Il Pd a Roma non dice nulla. Perché non sa cosa dire. La non-decisione è l’emblema di un’opposizione che non esiste, assente nella società, nel dibattito, incapace di proporre riforme radicali e timorosa di scontentare sacche di consenso che domani, chissà, potrebbero tornare utili per vincere. Giocano di rimessa sul malgoverno del 5 stelle e l’inadeguatezza di Virginia Raggi. Ma questo non basta, nè vuol dire migliori.