Rajoy spiegato a Di Maio
La Spagna è tornata a volare facendo l’opposto del modello Grillo
Luigi Di Maio ha trovato un nuovo modello: Mariano Rajoy. Al meeting di Cernobbio, evidentemente intimorito dalla platea molto istituzionale, il parlamentare ha elogiato l’esecutivo spagnolo: “Fa le cose che dobbiamo fare noi: ha fatto interventi strutturali e ha convinto l’Europa a sforare il tetto del 3 per cento”. Peccato che i famosi interventi strutturali seguivano le istruzioni scritte dalla Germania e dal Fmi. Il paese è stato uno dei primi teatri dello scontro tra austerità e populismo, tra il rigore nordico e la maggiore spesa pubblica invocata da partiti come Syriza e Podemos. Inutile dire chi ha vinto, e Rajoy da che parte stava. Nel 2012, vicino al default, il governo conservatore presentò un piano di 65 miliardi tra tagli alle spese (pensioni, servizi sociali, investimenti pubblici, mica auto blu) e nuove tasse, oltre a un Jobs act molto più duro di quello italiano al quale Di Maio si è opposto ferocemente. Ma poi, Di Maio lo sa chi è Mariano Rajoy? Il premier spagnolo è il classico politico che non ha “mai lavorato”, come si usa dire tra i grillini. Eletto per la prima volta nel 1981 nel parlamento galiziano, è deputato dal 1986, anno in cui, per inciso, nasceva ad Avellino il nostro rajoyano dell’ultima ora. Ha iniziato la carriera da ministro nel 1996, alla Pubblica amministrazione. Poi, in ordine, è stato: ministro dell’Istruzione, dell’Interno, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, portavoce del governo, vicepresidente del Consiglio, primo ministro. E da primo ministro è riuscito a far volare la Spagna mettendo in campo politiche opposte (molta flessibilità, zero reddito di cittadinanza) a quelle proposte dal 5 stelle. Ci viene un dubbio: sicuri che Di Maio non abbia confuso la Spagna con il Venezuela? Dopotutto la lingua è la stessa.