Perché i litigi tra Berlusconi, Salvini e Meloni non sono un problema per il centrodestra
Le differenze di concezione e di interessi sono reali, ma non creano gli strappi che caratterizzano la sinistra
I dissidi nel centrodestra non mancano, ma, nonostante i tentativi dei vari leader o presunti tali di presentarli come questioni di rilievo, non provocano reali divisioni perché non arrivano alla base, che non essendo ideologizzata come una parte ampia di quella di sinistra, non si appassiona affatto alle dispute. Le ultime vicende, legate alla dissidenza di Fratelli d’Italia dall’accordo sulla legge elettorale, promosso da Matteo Salvini ed accettato da Silvio Berlusconi, e alla freddezza nei confronti del referendum lombardo-veneto, in realtà non rappresentano un danno per l’ipotizzata coalizione. Finché Giorgia Meloni marciava in tandem con Salvini, si poteva creare una contrapposizione monodirezionale contro Forza Italia, che avrebbe potuto avere conseguenze pesanti. Ora, invece, c’è una triangolazione nella quale, alla fine, la funzione mediatoria sarà nuovamente esercitata da Berlusconi, che in questo esercizio è sicuramente il più esperto. Non è un gioco delle parti, le differenze di concezione e di interessi sono reali, ma il tessuto del centrodestra, che è sempre stato sostanzialmente uno spazio piuttosto generico, più geografico che storico, trasformato in un cartello elettorale, non subisce gli strappi che caratterizzano la sinistra, proprio perché le distanze e le differenze sono sempre state date per scontate.
Naturalmente c’è il rischio che, quando si tratta di governare, quelle differenze rendano sterile l’azione, ma questa è una condizione che caratterizza, ha caratterizzato e c’è da temere che si presenterà nuovamente per tutte le coalizioni. D’altra parte nessun governo oggi può costruirsi su un programma autonomo, mentre sono le condizioni esterne e le emergenze esterne a dettare l’agenda e su questo, alla fine peserà di più l’esperienza e l’ampiezza dei rapporti anche internazionali di Berlusconi, la sua disponibilità ad intese con l’altra parte, che le impennate identitarie di Salvini e ancor più della Meloni, soprattutto se tra loro contrapposte. Non bisogna però trascurare il fatto che l’intesa sulla legge elettorale è stata costruita su un accordo tra i due Matteo, che stanno vincendo insieme una difficile partita. I due Matteo si avvicinano l’uno all’altro combattendosi: forse sono i primi passi verso una convivenza conflittuale che può produrre risultati inattesi, a cominciare dal nuovo virtuale patto costituzionale, del quale il patto elettorale è la premessa necessaria ma non sufficiente.