Modello Ostia, ovvero come perdere le elezioni
Tra un semi-populista e un populista integrale vince l’originale
Manca la controprova, certo, ma verrebbe da dire che a Ostia, mega quartiere di Roma dove si è votato domenica, non ha vinto il Movimento cinque stelle, con la sua candidata Giuliana Di Pillo, sponsorizzata da Virginia Raggi, ma ha vinto un principio. Questo: se ai Cinque stelle contrapponi la loro stessa retorica, se tenti di combattere il populismo con i mezzi del populismo, allontani gli elettori “normali” e alla fine quelle poche persone che vanno a votare preferiscono l’originale, cioè il grillino vero.
Dopo due anni di commissariamento per infiltrazioni mafiose, per il secondo turno delle elezioni di Ostia, l’affluenza è crollata: 33,60 per cento. Meno 2,5 per cento rispetto al già bassissimo dato del primo turno: 36,10. Nel 2013, per capire il fenomeno, alle precedenti municipali, l’affluenza era stata del 52,8 per cento. Quindi si sono persi oltre 20 punti percentuali. Il risultato è stato la vittoria netta del Movimento cinque stelle (60 per cento delle preferenze) contro il 40 per cento scarso raccolto da Monica Picca, candidata della destra di Fratelli d’Italia. Quello che sin da subito era balzato all’occhio era la somiglianza delle due candidature, persino nel linguaggio adottato in campagna elettorale dalle due insegnanti, entrambe espressioni di movimenti che coccolano le pulsioni più populiste dell’elettorato, dalla retorica sovranista all’idea dell’anti casta. Non c’è la controprova, dicevamo. Ma se il centrodestra, nel Lazio (e poi a livello nazionale) dovesse candidare un altro esponente del mondo arrabbiato, uno che assomiglia ai grillini, uno insomma come Sergio Pirozzi, e poi dovesse perdere, a quel punto però sarebbe tardi per prendere atto della controprova. Nevvero?
Equilibri istituzionali