Luigi Di Maio e Beppe Grillo (foto LaPresse)

Di Maio mette il bavaglio ai candidati alle parlamentarie

Redazione

Ecco le “Linee guida per la comunicazione” inviate ad aspiranti deputati e senatori: potranno rilasciare interviste e/o dichiarazioni solo dopo essere stati autorizzati dallo Staff “nominato dal Capo Politico” 

Roma. Potranno pure correre per uno scranno in Parlamento, ma per parlare con i giornalisti devono comunque chiedere il permesso. Gli aspiranti deputati e senatori del Movimento 5 stelle che hanno appena ufficializzato la propria candidatura alle parlamentarie online, stanno ricevendo in queste ore le “Linee guida per la comunicazione”. E sono norme che segnano un ritorno al passato, quando i contatti spontanei dei singoli portavoce con giornali e tv erano severamente proibiti dai vertici.
Si legge nel documento spedito dallo Staff di Milano: “I candidati potranno rilasciare interviste e/o dichiarazioni ai giornali NAZIONALI e locali solo ed esclusivamente dopo essere stati autorizzati dallo Staff Comunicazione nominato dal Capo Politico”, che sarebbe Luigi Di Maio.

 

Non solo: “I candidati potranno partecipare a trasmissioni televisive e/o radiofoniche locali secondo un calendario condiviso con gli altri candidati ed autorizzato dallo Staff Comunicazione nominato dal Capo Politico. Altresì non potranno partecipare a trasmissioni nazionali se non espressamente convocati dallo Staff Comunicazione nominato dal Capo Politico”. Il che è già bizzarro: perché il candidato premier si ritrova così a poter concedere maggiore o minore visibilità a suoi potenziali competitor interni. Cosa che stride con la pretesa “uguaglianza di trattamento” che i vertici del Movimento 5 stelle fingono di garantire con una gestione centralizzata della campagna elettorale.

 

Come quando, al punto 4 del regolamento, scrivono: “La stampa di materiale personale (es. santini) sarà effettuata in layout uguali per tutti, come predisposto dallo Staff Comunicazione nominato dal Capo Politico”; o più avanti, al punto 7: “Sugli spazi pubblicitari riservati al MoVimento 5 Stelle per la campagna elettorale, verranno apposti i manifesti il cui format sarà deciso dallo Staff Comunicazione nominato dal Capo Politico”. Bandita, poi, anche l’organizzazione di “cene elettorali o altre forme promozionali tese alla singola autopromozione”; ribadito, infine, il divieto di “qualunque endorsement fatto da portavoce eletti a qualsiasi livello”.

 

C’è poi, oltre a ciò che riguarda la comunicazione, un’altra questione su cui è concentrata l’attenzione: quella economica. Anche questa connessa con lo svolgimento della campagna elettorale. I vertici del Movimento 5 stelle impongono ai candidati di intascare contributi solo dopo il rilascio di una fattura, di non accettare mai donazioni superiori a 1.000 euro, e di rifiutare contributi in contanti che superano i 200 euro, tutto ciò che eccede quella cifra deve essere versato rigorosamente tramite bonifico bancario. Altro imperativo categorico: rendicontare “pubblicamente” tutte le donazioni.

 

E se sulla necessità della trasparenza e della cautela nella ricezione dei fondi c’è sostanziale consenso, all’interno del movimento, la ricomparsa dei divieti su interviste e dichiarazioni alla stampa agita non poco i tanti candidati. Soprattutto tra i parlamentari uscenti, che non accettano “dopo una legislatura spesa a metterci la faccia, di dover chiedere il permesso a uno staff per relazionarsi coi media”, come confessa al Foglio un deputato emiliano. Rigorosamente in incognito, però. Del resto, l’autorizzazione a parlare con la stampa non l’ha ottenuta.