La democrazia diretta sotto il tram
Contro la volontà popolare la Roma a 5 stelle premia lo “zombie” Atac
Quando si parla di democrazia diretta il Movimento 5 stelle la esalta e pretende di poterla esercitare in regime di monopolio attraverso la piattaforma digitale Rousseau di proprietà esclusiva di Davide Casaleggio, il ras del partito. Quando si parla di democrazia diretta secondo gli istituti previsti nell’ordinamento della Repubblica, invece, il M5s dimostra il massimo disprezzo della volontà popolare. Dopo tre mesi di lavoro i Radicali avevano raccolto le 33 mila firme per un referendum consultivo a Roma chiedendo di mettere a gara il servizio dei trasporti urbani in modo da affidarlo a una pluralità di gestori in concorrenza. Il comune (s)governato da Virginia Raggi invece ha appena deciso di prolungare il contratto di affidamento del servizio in house, senza gara e senza trasparenza, all’Atac. L’azienda pubblica di trasporto romana ha perso tra il 2009 e il 2016 circa 1,4 miliardi di euro, nonostante abbia ricevuto oltre 5 miliardi di sussidi pubblici. I costi per vettura chilometro sono elevatissimi (7,6 euro) circa il 30 per cento in più rispetto a Milano e più del doppio rispetto ai migliori casi europei. Soldi pubblici fluiscono copiosi in Atac, ma il buco è enorme, e nessuno fa nulla per chiuderlo. I 6,4 miliardi sono una cifra enorme che non è servita a investire in nuovi autobus e metropolitane, ma che è andata in buona parte a coprire i costi correnti, in primo luogo quelli del personale, ormai dodici volte quelli del carburante per fare circolare i mezzi. L’inefficienza di Atac è tale che non riesce nemmeno più a coprire da anni il servizio richiesto dal comune stesso. Se un cittadino romano vede una scarsa frequenza dei mezzi è perché i servizi sono del 15 per cento inferiori a quanto firmato dal contratto tra Atac e il comune. Un’azienda che brucia centinaia di milioni l’anno e che non rispetta le condizioni di erogazione del servizi è stata premiata dal sindaco Raggi con un prolungamento del contratto. Il magico mondo delle aziende pubbliche di trasporto gestite dalla politica, dove la meritocrazia sprofonda in un buco senza fondo. C’è da chiedersi perché il comune non abbia deciso di fare non solo quanto richiesto da oltre 30 mila cittadini romani, ma anche quello suggerito dall’Antitrust che ha il compito di difendere i consumatori. Una gara trasparente avrebbe aiutato a ridurre i costi per i cittadini romani e italiani di almeno 400 milioni l’anno. Invece no, niente gara fino al 2021. La paura d’intaccare equilibri interni all’azienda, e tra azienda e comune, ha impedito di evitare uno spreco. La nuova politica è molto simile alla vecchia politica.