Ai re di denari la felpa non piace
L’europeista Macron fa gli interessi nazionali, il nazionalista Salvini no
Il numerino tre se danneggia il risparmio, le famiglie e il lavoro, per noi non esiste”, dice Matteo Salvini. Il numerino è il tetto europeo del tre per cento di deficit che Silvio Berlusconi, nell’odiata Bruxelles, s’è impegnato a rispettare, mentre per il segretario della Lega “viene prima l’interesse nazionale”. Per rafforzare il concetto Salvini ha approfittato della presentazione quali candidati alle politiche dell’economista Alberto Bagnai e del responsabile economico leghista Claudio Borghi: due no euro doc. Salvini non ha digerito la sconfitta dell’alleata Marine Le Pen a opera dell’euro-entusiasta Emmanuel Macron. Il presidente francese ha ricevuto a Versailles i top manager di 140 multinazionali, tra le quali Facebook, Google, Toyota ed Eni, Barilla, Lavazza e Fincantieri; il che porterà alla Francia 3,5 miliardi di investimenti e migliaia di posti di lavoro. Nel frattempo Parigi e Berlino potenziano a livello parlamentare la collaborazione sancita dal trattato dell’Eliseo di 55 anni fa, che ha garantito la pace in Europa e contribuito all’uscita dalla crisi. Faccenda definita dalla Le Pen “lesiva della sovranità francese”, e di stampo “capitalista globalista” da Indomitable France, partito di estrema sinistra. Le multinazionali sono anche il bersaglio di Pietro Grasso, capo di Liberi e uguali, che rispolvera slogan da anni Ottanta. Mentre Macron incontrava i big delle maggiori aziende del mondo, più sobriamente al Club House di Brera, Milano, Salvini tentava di offrire un’immagine rassicurante di sé a banchieri e avvocati d’affari. Commenti però freddini. La domanda è: tutela di più gli interessi nazionali l’europeista Macron, il nazionalista Salvini o l’antimperialista Grasso? Scommettiamo che il Cav., che se ne intende, ha la risposta pronta.