Pierferdinando Casini (foto LaPresse)

Tanto Casini per nulla

Redazione

Ipocrisie e pretestuosità della “ditta”, che dimentica Binetti e Follini

Prima era Denis Verdini, che rendeva per una certa sinistra dura e pura invotabile il Pd di Renzi. Messo da parte Verdini, il Pd di Renzi rimaneva indigesto perché era pur sempre alleato di Angelino Alfano. Ora che non c’è più nemmeno Alfano, ecco la nuova scusa della sinistra-sinistra: Pier Ferdinando Casini. Per di più candidato a Bologna. Sacrilegio. Come può l’elettore di sinistra votare per l’ex alleato di Silvio Berlusconi? Per il fondatore del Polo del Buon governo e della Casa delle libertà? Per un conservatore cattolico? E’ una reazione identitaria che si basa su motivazioni comprensibili, ma anche pretestuose e miopi. Casini ha diviso il suo destino politico dal centrodestra ormai dieci anni fa, quando decise di non aderire al Pdl, a differenza di Gianfranco Fini che a un certo punto era diventato l’idolo delle folle progressiste, per correre da solo con l’Udc. Poi è entrato in alleanza con il Pd nel governo Monti, si è agganciato al treno di Scelta civica e infine ha fedelmente sostenuto tutti i governi Pd di questa legislatura. Ci sarà forse una dose di opportunismo democristiano, ma c’è una coerenza politica nella sua adesione al progetto anti sfascista del Pd contro Lega e M5s. Nella storia del centrosinistra, soprattutto quando si è allargato abbastanza da riuscire a vincere le elezioni, non sono mancati democristiani e cattolici anche più conservatori di Casini, che ad esempio ha votato le leggi su biotestamento e unioni civili (cosa avrebbe fatto la Binetti?). Questa lezione di realismo politico la conosce bene anche la “ditta”, che quando aveva ambizioni di governo, e non di semplice protesta, aveva scelto nel 2009 come responsabile della comunicazione del Pd l’ex vicepremier del governo Berlusconi e gemello politico di Casini: Marco Follini.

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