C'è un problema: Di Maio non è Merkel
L’assurda pretesa che la crisi politica venga risolta da chi ha perso le elezioni
Sul futuro di questa legislatura ci sono poche certezze, ma qualche paletto è stato fissato: le elezioni hanno prodotto due sicuri vincitori,
Tutto quello che c'è da sapere sulla formazione del nuovo governo
Paradossalmente la ragione profonda delle accuse rivolte a Matteo Renzi non è quella di non essersi fatto da parte, ma il contrario. Renzi ha annunciato le dimissioni e ha detto che il Pd, sconfitto, dovrebbe mettersi all’opposizione, dove l’hanno collocato gli elettori preferendo le due forze che più di tutte hanno contestato l’operato del governo. La colpa del Pd e di Renzi sarebbe quindi quella di non risolvere l’impasse politica, di non favorire la nascita di un governo pentastellato. Da un lato c’è chi dice che il Pd dovrebbe seguire l’esempio della Spd in Germania, come se il M5s fosse la Cdu e Di Maio la Merkel. Dall’altro c’è chi dice che il Pd dovrebbe sostenere i grillini perché il M5s è la nuova forza di sinistra del paese e Di Maio il suo Corbyn o Tsipras.
Insomma il M5s è una nuova Dc o un nuovo Pci, ma in ogni caso, che sia l’uno o l’altro, il Pd deve concedergli i suoi voti. In Germania la Spd si è assunta di nuovo nei confronti del paese la responsabilità di far nascere un governo, ma la Grosse Koalition è nata con un patto politico ratificato con un referendum degli iscritti, dopo una lunga trattativa programmatica e con l’ingresso nell’esecutivo Merkel. Da noi Di Maio non ha avviato alcuna iniziativa politica, ma si è messo in una posizione passiva: “Dovete venire a parlare con noi altrimenti è difficile che questa legislatura parta”, lasciando che gli altri facciano pressing sul Pd. Non ha neppure detto su quali punti programmatici chiederebbe una fiducia che il Pd dovrebbe fornire a scatola chiusa.
E’ anche possibile che il Pd, nel quadro semplificato di un nuovo bipolarismo populista, decida di ritagliarsi un ruolo ancillare nei confronti del M5s come peraltro ha già fatto, nel suo piccolo, la pattuglia di Liberi e uguali. In fondo è vero che il M5s è una costola della sinistra e che ha corroso la sua base elettorale. Beppe Grillo ha iniziato a fare politica provando a iscriversi al Pd, le sue prime battaglie erano imbevute della peggiore sottocultura che ha alimentato la sinistra negli ultimi 30-40 anni: la battaglia per l’acqua bene comune, l’anti militarismo anti occidentalista, l’ambientalismo anti industriale, la fascinazione per la decrescita con tutta la sua retorica anti sviluppista e anticapitalista, il giustizialismo che riprende a piene mani la teoria berlingueriana e la pratica dipietrista.
E’ per questa continuità ideologica che all’inizio della scorsa legislatura sulla stampa progressista, prima che i grillini diventassero fascisti e ora di nuovo democratici, gli intellettuali progressisti pubblicavano appelli per un “governo del cambiamento”. Ora, può anche succedere che la sinistra italiana inverta la rotta, rifugiandosi in vecchie parole d’ordine non estranee alla sua storia, che decida di archiviare per sempre il progetto riformista bocciato dagli elettori. Ma dovrebbe avvenire dopo una discussione, una riflessione, un congresso, interpellando iscritti e simpatizzanti. Niente di tutto questo. Ciò che si chiede al Pd non è cambiare per recuperare i voti persi, ma rinunciare anche a rappresentare quelli raccolti, come se pure quegli elettori avessero scelto il governo ombra di Di Maio.