Le Olimpiadi e la natura profonda del M5s
I fatti di Torino suonano come un ammonimento: i grillini sono sempre uguali
Le parole sono importanti, come diceva Nanni Moretti alias Michele Apicella, in “Palombella rossa”. E se per undici anni, a cominciare dal primo Vaffa day del 2007, hai offerto un programma di governo e un orizzonte politico che si condensano nella turpiloquente parola “vaffanculo”, poi è complicato che nel giro di dieci giorni ti trasformi in De Gasperi, anche se ti travesti con la cravatta e hai quasi vinto le elezioni. Ed è proprio questo che ieri quattro consiglieri comunali torinesi del Movimento cinque stelle hanno in realtà ricordato, con la loro protesta, alla sindaca di Torino Chiara Appendino e al capocomico Beppe Grillo che vorrebbero portare nel 2026 le Olimpiadi – quelle che a Roma erano invece “corruzione” e “cementificio” – ai piedi della Mole.
Con un gesto estremo, ma piuttosto coerente, questi quattro consiglieri del M5s, scandalizzati e arrabbiatissimi, ieri hanno fatto mancare il numero legale in Aula, hanno fatto saltare la seduta, in polemica con i loro capi. Le Olimpiadi non le vogliono. E d’altra parte se tu cresci credendo che “infrastruttura” è sinonimo di “mangiatoia”, se per anni ti hanno spiegato sbraitando da palchi e feste di Rimini che “edilizia” è uguale a “palazzinari”, che “politica” è uguale a “corruzione” e che gli “eletti” altro non sono che “poltrone”, allora diventa complicatissimo fare marcia indietro, diventa difficilissimo persino spiegare che fare accordi con gli altri partiti non è “inciucio” ma è “politica” e che infine le Olimpiadi sono vita, bellezza, romanzo, eroismo sportivo, nonché un’opportunità che di solito accende di vita le città che le ospitano. E’ come con le navi da crociera, come con i transatlantici, gli elefanti del mare: non puoi d’improvviso fermarti e cambiare rotta. Per il Movimento cinque stelle è la stessa cosa: non bastano la grisaglia e la cravatta di Di Maio, né tutto il belletto di professori e para-competenti portati in Parlamento a occultare gli esperti in sirene e scie chimiche. Di Maio, congiuntivo permettendo, può anche parlare una lingua diversa, ma i suoi grillini, e i mostri che Beppe ha evocato in questi anni, sono gli stessi di ieri. E se nel 2016 rifiuti le Olimpiadi a Roma spacciando per risparmio la tua ideologia depressiva e immobilista, non puoi certo pretendere che meno di due anni dopo sia del tutto normale proporre le Olimpiadi a Torino.
Insomma questa storia di giravolte, proteste e Olimpiadi contestate, ci rivela il conflitto profondo tra la cosmesi governista delle ultime due settimane e la natura profonda del Movimento cinque stelle. E’ come un ammonimento, un segnale rivolto al Pd e a quanti dicono che i Cinque stelle sono cambiati. Si può anche far finta di non vedere i segni premonitori. E’ successo altre volte. Anche alla vigilia di altri disastri di proporzioni bibliche.
Equilibri istituzionali