Dal caffè di Almirante al gelato di Salvini
Cos’è cambiato nella discriminazione antifascista a 45 anni di distanza
“Era giugno e faceva un gran caldo / Almirante affamato sbuffava / di mangiare a Bologna sperava … coi suoi bravi sedette era stanco / poi si alzò per andare nel bagno / ma lo vide un barista compagno / e la lotta improvvisa scattò!”. La canzone del “Canzoniere delle Lame” racconta di quando, nell’estate del 1973, i baristi del Cantagallo, un Autogrill alle porte di Bologna, si rifiutarono di servire un caffè al segretario del Msi perché “fascista”.
La vicenda non finì lì, ebbe diversi strascichi. Pochi giorni dopo l’area di servizio venne assaltata e sfasciata da una squadra, pare di Ordine nuovo, armata di mazze e spranghe. E i sedici lavoratori che avevano negato il caffè ad Almirante finirono a processo (la canzone fu incisa proprio per coprire le spese legali) e vennero tutti assolti. Quel gesto, dopo 45 anni, torna di attualità in questi giorni e ha come protagonista, suo malgrado, Matteo Salvini. In una gelateria di Milano una ragazza si è rifiutata di servire un cono al leader della Lega: “Io non servo i razzisti”. Per questo motivo la ragazza sarebbe stata licenziata (o avrebbe abbandonato il lavoro, secondo le differenti versioni). I due episodi non mostrano solo che c’è un costante fascismo degli antifascisti, quello di chi, sventolando la Costituzione, dimentica che nell’articolo 3 c’è scritto che i cittadini sono uguali “senza distinzione di razza” ma anche senza distinzione “di opinioni politiche”. Ma mostrano anche che, in fondo, i tempi sono cambiati e in meglio. 45 anni fa Almirante non ha avuto il caffè, l’Autogrill è stato sfasciato e i dipendenti hanno mantenuto il posto. Oggi Salvini ha avuto il cono, la gelateria è integra e la ragazza è a casa anziché dietro un bancone. Ogni cosa è al suo posto.